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NOTIZIE DAL WEB Piccole aziende agricole così l'Africa batte la fame 26/09/2012 aggiunto da http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10568 | Mentre la siccità diventa sempre più comune, in tutto il mondo gli agricoltori stanno lottando per mantenere la resa dei raccolti. Negli Stati Uniti, gli agricoltori stanno vivendo la più grave siccità da più di mezzo secolo a questa parte. Di conseguenza, i prezzi mondiali del mais, del grano e della soia in luglio e agosto sono saliti e restano elevati.
Ma la maledizione dell’arsura che brucia le terre fertili negli Stati Uniti è solo l’ultima in un ciclo globale di siccità sempre più frequenti e dannose. Nella regione del Sahel in Africa, milioni di persone si trovano ad affrontare la fame per la terza volta dal 2005. La mancanza di pioggia nella regione e la volatilità dei prezzi alimentari a livello mondiale hanno peggiorato la situazione. In effetti, i poveri del mondo - in particolare nelle aree rurali – sono quelli che soffrono di più per la combinazione di questi fattori.
Questo non fa ben sperare per il nostro futuro. Entro il 2050, la produzione alimentare mondiale dovrà aumentare del 60% per soddisfare la domanda di una popolazione mondiale in crescita, con mutate attitudini al consumo. Per garantire la sicurezza alimentare per tutti dovremo aumentare non solo la produzione di cibo, ma anche la sua disponibilità, in particolare per quanti vivono nei paesi in via di sviluppo. Ciò significa abbattere le barriere e le disuguaglianze, sviluppare delle capacità e diffusione delle capacità. In Africa, i piccoli agricoltori che forniscono l’80% del cibo della regione sub-sahariana - necessitano di infrastrutture per lo sviluppo agricolo, comprese l’irrigazione e le strade, nonché una migliore organizzazione del mercato e l’accesso alla tecnologia. Il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo vede un enorme potenziale nel settore agricolo dell’Africa, che nel 2009 ha registrato una crescita del 4,8% rispetto al 3,8% nella regione AsiaPacifico e ad appena il 1,4% in America Latina e nei Caraibi. Dato che l’agricoltura vale circa il 30% del Pil dell’Africa sub-sahariana e rappresenta oltre il 60% dell’occupazione nella maggior parte dei paesi africani, lo sviluppo del settore potrebbe ridurre in modo sostanziale la povertà nella regione. Non solo in Africa - in Paesi come il Burkina Faso e l’Etiopia -, ma anche in paesi emergenti come la Cina, l’India e il Vietnam, l’esperienza ha più volte dimostrato che i piccoli agricoltori possono guidare la crescita agricola stimolando un maggiore sviluppo economico. I piccoli agricoltori, sia donne che uomini, sono i maggiori investitori agricoli dell’Africa. E la crescita del Pil basata sull’agricoltura è due volte più efficace nel ridurre la povertà rispetto alla crescita in altri settori.
Ma gli agricoltori africani incontrano notevoli ostacoli allo sviluppo del loro potenziale. In media, applicano meno di 10 kg di fertilizzanti per ettaro, rispetto ai 140 chilogrammi dell’India. Inoltre, meno del 5% dei terreni agricoli è irrigato, e raramente vengono impiegate varietà migliorate di colture.
Gli sforzi per sviluppare l’agricoltura dovrebbero pertanto mirare a promuovere la crescita e la sostenibilità dei piccoli agricoltori e delle piccole imprese rurali. Ciò richiede un ambiente normativo più favorevole, assistenza tecnica e collegamenti con i fornitori, i distributori e i finanziatori.
I paesi che stanno vivendo una crescita agricola significativa, come il Brasile e la Thailandia, hanno beneficiato di investimenti pubblici per la ricerca e lo sviluppo delle infrastrutture. Dobbiamo prendere in considerazione non solo come migliorare la capacità dei piccoli agricoltori di produrre cibo ma anche rafforzare la loro capacità di accedere ai mercati, migliorando nel contempo il modo in cui tali mercati funzionano.
Inoltre, occorrono accordi per un investimento sostenibile tra i piccoli agricoltori e il settore privato. Consentendo agli agricoltori di aumentare la loro produzione e il loro reddito, gli investimenti privati diretti ai piccoli proprietari possono sostenere la crescita economica e la sicurezza alimentare. Infine, le organizzazioni degli agricoltori, che sono intermediari cruciali tra i produttori e gli investitori professionali, devono essere coinvolti nella formulazione di piani e politiche finalizzate allo sviluppo agricolo.
Un settore rurale dinamico è in grado di generare la domanda di beni e servizi prodotti localmente, stimolando in tal modo la crescita sostenibile dell’occupazione nella trasformazione dei prodotti agricoli, nei servizi e nella piccola industria. Tali opportunità consentirebbero ai giovani di crescere nelle loro comunità rurali invece di essere costretti a cercare lavoro nelle aree urbane. L‘Africa può essere autosufficiente dal punto di vista alimentare. Ma non è tutto: con la conoscenza, la tecnologia, le infrastrutture e una politica rivolta allo sviluppo, i piccoli agricoltori in Africa e altrove possono guidare uno sviluppo agricolo sostenibile, contribuire alla sicurezza alimentare globale e favorire la crescita economica in tutto il mondo. |
Pianista di 102 anni torna in concerto: "E' triste suonare soltanto per sé" 25/09/2012 aggiunto da http://edizioni.lastampa.it/novara/articolo/lstp/18313/ | La prima volta che si esibì in pubblico aveva 10 anni: bambina prodigio, fu chiamata ad eseguire al pianoforte alcune arie di Chopin al teatro Colli Tibaldi di Vigevano, che ora non esiste più. La musica poi ha occupato tutta la sua lunghissima vita e oggi Maria Motta, che di anni ne ha 102, non ha smesso di tenere concerti: stasera alle 21 suonerà all’auditorium San Dionigi di Vigevano su un pianoforte a coda che poi la Fondazione di Piacenza e Vigevano donerà ad una scuola media cittadina con indirizzo musicale, la Bramante. Accompagnerà al piano un giovane flautista e quindi proporrà alcuni brani come solista, con il suo tocco rimasto d’incredibile vivacità.
Nata il 15 maggio 1910 a Vigevano, Maria Motta iniziò a fare la musicista professionista nel 1924: un cinema cittadino, il Marconi, la scritturò per accompagnare al pianoforte le proiezioni dei film muti. Aveva solo 14 anni ma sapeva già suonare qualsiasi spartito a prima vista. «Guadagnavo bene - ama ricordare -: 5 lire a prestazione. La metà di quello che spendeva mia madre per mandare avanti tutta la famiglia. Con i primi risparmi, a Ferragosto del 1927 ho portato i miei genitori in gita a Stresa, in carrozza».
A 16 anni si diplomò al civico istituto musicale Costa. Poi, con l’avvento delle pellicole sonore, la sua attività dovette cambiare. Entrò a far parte di una compagnia di operetta, con la quale iniziò a girare i teatri d’Italia e di mezza Europa. Lavorò anche con Enrico Montesano, nonno dell’omonimo attore, famoso direttore d’orchestra. Al termine di un concerto al Lirico di Milano conobbe il suo primo marito: uno spettatore che bussò alla porta del suo camerino con un mazzo di fiori, confessando di essere andato a vederla per la quinta sera consecutiva perché innamorato follemente di lei. Lo sposò, ma lui morì pochi anni dopo. Poi si risposò con un noto commerciante di pianoforti.
Negli Anni Trenta Maria Motta fece anche parte di una delle prime formazioni musicali di sole donne nate in Italia, un sestetto. Ha continuato a suonare in giro per l’Europa per oltre mezzo secolo: l’ultimo concerto da professionista l’ha tenuto a Malta quando aveva già superato gli 80 anni. Ma fino ai 100 ha continuato a dare lezioni private di piano nella sua bella villetta alla periferia di Vigevano, dove vive con la sorella minore di cui è lei a prendersi cura perché un po’ malmessa di salute.
Ha due crucci: «Non mi chiamano più in giro ad esibirmi come una volta. E così mi fanno anche passare la voglia di stare al pianoforte perché suonare per conto mio non è come come preparare un concerto». L’altro dispiacere riguarda la patente. L’ha presa a 54 anni e se n’è servita a lungo per spostarsi nelle sue tournée, in sella ad un Vespone oppure al volante di una Lancia Flavia 2000 che possiede ancora. Nel 2008 non gliel’hanno più rinnovata: «Così non posso neanche più andare a fare la spesa e devo dipendere da mia nipote». |
Anche internet inquina Navigare «brucia» oltre 30 miliardi di watt 25/09/2012 aggiunto da http://www.ilgiornale.it/news/interni/anche-internet-inquina-navigare-brucia-oltre-30-miliardi-840457.html | In principio fu la Silicon Valley. Al Bengodi dell'informatica e degli informatici di tutto il mondo tutto sembrava bello, nuovo, pulito. Già, pulito. Questa fu la delusione che arrivò, dopo lo sfavillante «principio» che faceva, e, forse a molti, fa ancora sognare una nuova, ancorché virtuale salvezza dei popoli. Dopo i sogni, dunque il brusco risveglio. L'informatica inquina, i computer inquinano, internet inquina. Lo scopre o, forse sarebbe meglio dire, lo riprende a sua volta dal Time, con grande enfasi, partendo dalla sua prima pagina l'Herald Tribune in cui ci fa sapere che i computer sparsi per il mondo consumano qualcosa come 30 miliardi di watt di elettricità che, pesati sulla bilancia dell'inquinamento, sono, secondo gli esperti, l'equivalente delle immissioni di 30 impianti nucleari. Per questo motivo, rivela il quotidiano, gran parte dei Data Center di Silicon Valley sono finiti nel Toxic Air Contaminant Inventory, che sarebbe la lista nera delle aziende cui il governo federale contesta la violazione delle leggi a tutela dell'aria e dell'energia pulita. I dati raccolti dagli esperti della McKinsey & Company sono ancora più allarmanti se si considera che, da quanto emerge, quasi tutte le aziende, che vivono d'informatica e con l'informatica, consumerebbero per la loro «produzione» solo una percentuale che oscilla dal 6 al 12 per cento e tutto il resto, il resto dell'energia, verrebbe letteralmente «buttata» solo per garantire agli utenti delle aziende stesse di poter contare sempre su una pronta risposta alla loro domanda di «navigazione» nel momento in cui si clicca su un determinato sito. Almeno una dozzina di Data Center sono stati citati per violazioni alle leggi di tutela ambientale, soprattutto negli Stati della Virginia e dell'Illinois. Giusto per citare un nome internazionalmente conosciuto, ad Amazon sono state contestate soltanto in questi tre anni ben 24 violazioni. Ma bisogna anche prender nota del fatto che un bel gruppetto di compagnie, altrettanto conosciute dagli internauti di ogni luogo, come Google e Facebook hanno dovuto correre ai ripari arrivando a ridisegnare e a riprogettare i loro impianti e i loro server di distribuzione per raffreddare la dispersione di energia e abbassare il livello di inquinamento. Il Data Center di Google consuma 300 milioni di watts e quello di Facebook 60 milioni di watts: il grande problema dell'inquinamento ha quindi cominciato a porsi nel momento in cui le aziende internettiane sono cresciute in modo esponenziale. Nel 1998 erano 432 i Data Center, censiti dal governo federale americano ma nel 2010 erano già arrivati a 2094. In buona sostanza, se è vero che anche noi facciamo la nostra parte di «inquinatori», in ossequio al nuovo imperativo del secolo: clicca e naviga, è pur vero che la dispersione di energia, le emissioni incontrollate e incontrollabili (perché sulla questione regna comunque un certo segreto) sono in gran parte da ricercarsi oggi, laddove cominciò tutto. Nei quartier generali dei nostri, oramai abituali, interlocutori quotidiani: Google, Yahoo, Facebook, Twitter, Paypal, I tunes, Amazon. Oltre a naturalmente i siti delle banche con cui oramai facciamo operazioni e bonifici, e ai siti dei nostri hobby, dove facciamo le nostre compere online.Ricordate quando si fantasticava sul fatto che la schermata di home page di Google essendo bianca e troppo luminosa, faceva consumare più energia nel nostro computer? Qualcuno sorrideva. Ma, forse, col tempo ci si è fatti prendere la mano. Dal clic. |
Oms, nuovo virus simile a Sars, uomo in condizioni gravi in Gb 25/09/2012 aggiunto da http://it.reuters.com/article/topNews/idITMIE88N03520120924 | LONDRA (Reuters) - Un uomo del Qatar ha contratto un virus finora sconosciuto, legato a quello mortale della Sars, e si trova in condizioni critiche in un ospedale in Gran Bretagna.
Lo riferisce l'Organizzazione mondiale della Sanità, che ieri ha emesso un'allerta globale dicendo che il nuovo virus ha infettato un 49enne che di recente è stato in Arabia Saudita, paese dove è già morto un altro uomo con un virus quasi identico.
L'Agenzia britannica per la protezione della salute e gli esperti in malattie respiratorie hanno detto che non c'è ragione immediata di preoccuparsi, anche se le autorità stanno monitorando qualsiasi segno di possibile diffusione del virus.
Qualsiasi possibilità di collegamento tra il virus e l'Arabia saudita desta particolare timore con l'avvicinarsi del pellegrinaggio musulmano haj del mese prossimo, dove parteciperanno milioni di persone da tutto il mondo, che poi faranno rientro a casa.
Il virus, conosciuto come coronavirus, fa parte della stessa famiglia di quello della Sars, scoperto nel 2002, che uccise 800 persone.
"Ora è una questione internazionale", ha detto il portavoce dell'Oms. "Il paziente è ancora vivo ma, da quello che capiamo, in condizioni critiche". |
Jovanotti, i tempi sono maturi per un nuovo tour estivo: “E’ arrivato il momento” 25/09/2012 aggiunto da http://www.altopascio.info/2012/09/25/jovanotti-i-tempi-sono-maturi-per-un-nuovo-tour-estivo-e-arrivato-il-momento/ | Jovanotti ha rivelato, in occasione di un’intervista a Glamour, che tutto è pronto per un tour che prenderà il via la prossima estate. L’artista di Tortona ha detto: “E’ arrivato il momento, perché a un certo punto la pera è matura e cade dal ramo, bisogna trovarsi sotto con la mano e beccarla”.
Jovanotti ha anche confessato che spesso tende ad annoiarsi e per questo cerca di mettersi sempre in gioco. “Per me è un bisogno vitale. In realtà mi creo delle gavette ad hoc, per crescere senza annoiarmi”, ha asserito il cantante, sottolineando di essere ipercinetico. |
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