Az. Agr. Chiocciola Tecnologica di Lorini Marco

"LUMACHE" Alimento straordinario...






Hai mai mangiato le lumache ?
SI
NO

Vedi risultati



Le rimangeresti ?
SI
NO
FORSE

Vedi risultati

 

COMUNI DELLA LOMELLINA

ALAGNA  SITO UFFICIALE  Origini: Il toponimo è citato nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come “Allagna”, nella Contea Lumellina (Soriga 1913). Il conte Filippo Maria Visconti , il 5 ottobre 1404, conferma l’esenzione, per i beni di questo luogo, a Simonetto e Galeazzo Visdomini, padre e figlio. Castello AlagnaQuesta casata era proprietaria anche di terre annesse ma non ne aveva lo “jus feudale” (Bergamo 1995). Alagna è inclusa come appartenente alla Lomellina, nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1644). Castello di Alagna: Edificio con pianta a U e basamento a scarpa, situato nel centro abitato. Presenta una torre sul lato settentrionale e un cortile pensile aperto verso mezzogiorno. Sulla facciata di levante é presente un sottile fregio in cotto. Oggi ospita al suo interno delle abitazioni.Castello innalzato nel 1534 dai Malaspina, oggi molto trasformato. Bibliografia:Lombardia beni culturali Sagra della zucca: ottobre
ALBONESE  SITO UFFICIALE  Origini: Nel diploma di Federico I del 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta citato anche Albonese.  Castello di AlboneseTale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Albonexe, nella contea Lumellina (Soriga 1913). L’abitato di Albonese fu, per tutto il medioevo, dipendente da Mortara; ne fa fede un trattato politico concluso tra Francesco Sforza ed il comune di Mortara datato 11 ottobre 1447 (Merlo 1996). In seguito, come appare negli Statuta Stratarum di Pavia, del 1452 il toponimo è quello di “Albonesium”, nella squadra di Lumellina (statuta stratarum). Il comune nel 1447, dopo essere stato compreso nella podesteria di Mortara, diventerà, sotto il dominio spagnolo, completamente indipendente, acquisendo anche la possibilità di nominare un podestà. Nel 1620 entra a far parte della delegazione dei ventiquattro comuni che delinearono quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Merlo 1996). Albonese risulta incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).
Castello di Albonese: Complesso costruito probabilmente nel XIV secolo, ma ampiamente trasformato in età barocca (XVII secolo). Ha subito notevoli rimaneggiamenti anche in periodi successivi. Indicato talvolta storicamente come casaforte nobiliare (a ciò si rifà il simbolo), ha già per dimensioni e struttura l'impianto del castello, con compiti prevalentemente di protezione delle derrate.Bibliografia:Lombardia beni culturali 
BADIA PAVESE 
SITO UFFICIALE 
Origini: Badia era attestata fin dal IX secolo come “Casule Abbatiae” e “Caselle Badia” in quanto apparteneva all’abbazia di Santa Cristina e Bissone (Boselli 1985). Indicato come appartenente alla Campagna Sottana, delegazione X aggregato a Caselle e Cassina d’Ambrogio Opizzone “Relatione di tutte le terre dello Stato di Milano” (Opizzone 1644). Dalle risposte ai Quarantacinque quesiti della giunta del censimento ricevute l’8 gennaio 1751 (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3022) risulta che Badia in Caselle era infeudata ai marchesi Cusani. La comunità è retta da un unico console scelto in occasione del consiglio dai confeudatari fra due “comunisti” i cui nomi sono presentati dal console uscente. Il giusdicente feudale è coadiuvato da un attuario e le scritture della comunità sono tenute da un cancelliere. Il console giura a Pavia, non ci sono procuratori in Milano e la popolazione è di 173 anime.
Bibliografia:Lombardia beni culturali 

BORGO S.SIRO  SITO UFFICIALE  Origini: Il toponimo è citato nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 secolo come “Burgum S. Syri”, nella contea Lumellina (Soriga 1913). Castello di Borgo san SiroÈ del 1259 una pergamena in cui sono descritti i beni della zona riconfermati dall’imperatore Ottone II ai monaci di San Salvatore di Pavia, già proprietari dal 981. Il comune, nel Medioevo, faceva parte del comitato di Lomello, poi passerà in feudo ai Beccaria, l’ultimo dei quali, Agostino, lascia come erede universale dei suoi possedimenti l’ospedale di Pavia. Negli Statuta Stratarum del 1452 compare nella Squadra di Lumelina, “Borgus Santi Siri”. (statuta stratarum).
Borgo San Siro è incluso, come appartenente alla Lomellina ,nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1644).
Castello di Borgo San Siro: Il castello, risalente al XIV secolo, fu poi feudo dei nobili Beccaria. La sua posizione, nel centro dell'abitato, di cui garantiva forse la difesa e certo il controllo, lo ha esposto dopo la fine della sua funzione difensiva e (più probabilmente) giurisdizionale, ad occupazione da parte degli abitanti del luogo. L'edificio ne è uscito molto trasformato, tanto che alcune sue parti non sono più leggibili come fortificate.Bibliografia:Lombardia beni culturali 
BREME  SITO UFFICIALE Origini: Le prime notizie storiche di Breme risalgono al X secolo: in un atto di donazione dell’imperatore Ottone II al conte Aimone o Annone, è nominato, appunto, il paese: “Bremita Ticinense in Lomellensi Comitatu” (Bergamo 1995). Nel 985 Ottone III conferma a Manfredo (figlio di Aimone) tutte le donazioni, così fa Benedetto VIII nel 1014 (Bergamo 1995). In un diploma di Federico I del 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta citato anche Breme.   Tale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, da Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912). Nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si trova : “Secundum breue de Lomellina, Jn Bremide (…)”, (Bollea 1909). I diplomi di Federico I, Enrico IV e Federico II dichiarano il Comune dipendente da Pavia in un periodo compreso dal 1152 al 1250 circa (Bergamo 1995). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Bremide nella contea Lumellina (Soriga 1913). Il comune, nel Medioevo, fa pare del comitato di Lomello. In un atto del 13 luglio 1327 si legge che gli uomini della comunità di Breme dichiarano di voler essere assoggettati al marchese di Monferrato (Bergamo 1995). Nel 1337 Azzone Visconti si impadronisce della località. È del 3 maggio 1355 il diploma dell’imperatore Carlo V che sancisce suo vicario imperiale il marchese di Monferrato, concedendogli molti luoghi tra i quali Bremide, tali luoghi saranno ceduti nel 1399 a Gian Galeazzo Visconti. Negli statuti delle strade del 1383 si legge: “Potestaria Bremide” (statuta stratarum). Nel 1454 il comune è occupato dalle truppe del duca di Savoia, un secolo dopo è acquistato dal gran cancelliere di Carlo V, Mercurino Arborio di Gattinara. Nel 1566 Breme partecipa alla congregazione del principato di Paviaa Pieve del Cairo in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono presenti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compreso Breme, che hanno diritto di voto (Porqueddu 1980). Nel 1620 Breme entra a far parte di una delegazione di ventiquattro enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Breme era incluso nell’elenco delle terre del Principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644). Castello di Breme : All'interno dell'abitato, dietro la vecchia pieve, si scorgono ancora i resti di un probabile castello trecentesco.Poco più a sud, sulla piazza centrale del paese, sorge un edificio chiamato tradizionalmente "Corpo di Guardia" caratterizzato da un portico a due campate al piano terra Bibliografia:Lombardia beni culturali   Mostra dell’Artigianato commercio e agricoltura: seconda domenica di marzoSagra della Cipolla rossa Deco: seconda domenica di giugnoSagra dell’Anguilla: prima domenica di luglioFiera autunnale: quarta domenica d’ottobre

CANDIA LOMELLINA  SITO UFFICIALE Origini:  Nell’epoca longobarda Candia, con Villata e Terrasa, fa parte del Comitato di Lomello. Con diploma di dicembre del 1163 l’imperatore Federico I destina il feudo (compresi Cozzo, Villata e Terrasa) a Gualone Confalonieri (Bergamo 1995). Nel diploma di Federico I dell’8 agosto del 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta compresa anche Candia.  CastelloneTale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912). Nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si trova “Secundum breue de Lomellina, Jn Candiano (…)”, (Bollea 1909).La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Candia nella contea Lumellina (Soriga 1913). In questo periodo appartiene ai marchesi di Monferrato. Intorno al XV secolo Candia è inclusa nel distretto di Pavia, sotto i Visconti, nello stesso periodo appare negli Statuta Stratarum di Pavia nella Squadra di Lumelina (statuta stratarum). Nel 1454 il duca Francesco Sforza inserisce Candia e le sue terre nel ducato di Milano. Succesivamente Carlo V instituisce come feudatario di questo borgo, Lodovico III Barbiano, conte di Belgioioso. Nel 1620 Candia entra a far parte di una delegazione di ventiquattro enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Candia, con i Nobili, è inclusa nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).Tale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente nel La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Candia nella contea Lumellina (Soriga 1913). In questo periodo appartiene ai marchesi di Monferrato. Intorno al XV secolo Candia è inclusa nel distretto di Pavia, sotto i Visconti, nello stesso periodo appare negli Statuta Stratarum di Pavia nella Squadra di Lumelina (statuta stratarum). Nel 1454 il duca Francesco Sforza inserisce Candia e le sue terre nel ducato di Milano. Succesivamente Carlo V instituisce come feudatario di questo borgo, Lodovico III Barbiano, conte di Belgioioso. Nel 1620 Candia entra a far parte di una delegazione di ventiquattro enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Candia, con i Nobili, è inclusa nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644). Tale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente nel La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Candia nella contea Lumellina (Soriga 1913). In questo periodo appartiene ai marchesi di Monferrato. Intorno al XV secolo Candia è inclusa nel distretto di Pavia, sotto i Visconti, nello stesso periodo appare negli Statuta Stratarum di Pavia nella Squadra di Lumelina (statuta stratarum). Nel 1454 il duca Francesco Sforza inserisce Candia e le sue terre nel ducato di Milano. Succesivamente Carlo V instituisce come feudatario di questo borgo, Lodovico III Barbiano, conte di Belgioioso. Nel 1620 Candia entra a far parte di una delegazione di ventiquattro enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Candia, con i Nobili, è inclusa nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644). Castellone: Resti di castello forse trecentesco, conservati in un edificio di mattoni e in altri fabbricati contigui. Bibliografia:Lombardia beni culturali 

Carnevale candiese, con processo e rogo della Pierina: martedì grasso
Festa patronale (Beata Vergine del Rosario): prima domenica di ottobre.

CASSOLNOVO  SITO UFFICIALE Origini:Castello di CassolnovoNell’epoca longobarda Cassolnuovo fa parte del ducato di Lomello (Bergamo 1995). È del 902 un documento in cui si legge che nella località vi era un giudice conciliatore preposto per le cause minori (Bergamo 1995).Dopo la sconfitta dei longobardi da parte di Carlo Magno, questo territorio passa al comitato di Bulgaria (o Novaria), corte della Marca di Ivrea, come paese non fortificato. Un diploma di Ottone I del 969 toglie il detto luogo ai conti di Novara e lo concede, invece, a Ingone di Bercleda suo vassallo. Il pontefice Innocenzo II, nella bolla del 1133, tra le chiese che conferma al vescovo di Novara Litifredo, annovera la pieve di Cassolo (Casalis).Nel diploma di Federico I del1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta citato anche Cassolo. Tale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912).Nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si trova “Secondum breue de Lomellina, Jn Castronouo (…)”, (Bollea 1909). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Castellarium nella contea Lumellina (Soriga 1913). Nel 1277 il paese passa in possesso ad Ottone Visconti, si alterneranno, poi, i Tornielli, i Della Torre, i Marchesi di Monferrato, i Gallarati e i Marchesi Arconati. Verso la fine del XV secolo, infatti, questo luogo diventa proprietà di Ludovico il Moro, che, sconfitto dai francesi, lo dovrà cedere al maresciallo di Luigi XII, Gian Giacomo Trivulzio, signore di Vigevano. Nel 1499 Cassolo, ovvero Cassolvecchio, viene incorporato al feudo di Cassolnovo, mentre nel 1515 signore di Vigevano e di Cassolnovo diventa la svizzero Cardinal Matteo Schiner. Nel 1522 passa invece, per eredità al marchese Giampaolo Caravaggio, esponente di un ramo degli Sforza, poichè suo padre era figlio naturale di Ludovico. Nel 1530 gli spagnoli batterono i francesi e Cassolnovo fu diviso fra i vari signorotti del luogo tra i quali gli Arconati, milanesi, e i Gonzaga, mantovani, una parte invece, fu soggetta alla regia camera. È del 3 novembre 1547 l’elenco dei comuni per i pagamenti dei dazi, in tale elenco appare Cassolnuovo (ASTo, Carte Vigevano).
Le terre di Gambolò, Gravellona, Cillavegna, Cassolnovo, Cassolvecchio, Villanova, Nicorvo, Robbio, Confienza, Palestro e Vinzaglio cessano di far parte del territorio Novarese o Pavese ed entrano in quello Vigevanasco, diventando, così, terre appartenenti al contado di Vigevano. (ASTo, Carte Vigevano 1639) Il 18 giugno 1644 si censiscono le persone abili alle armi dai 18 ai 50 anni delle terre iscritte nel Contado di Vigevano, fra le quali anche Cassolnovo (ASTo, Carte Vigevano) Da un resoconto del 28 maggio 1688 del sindaco generale del contado Renolio, si rilevano i luoghi con i loro feudatari. Per Cassolnuovo una parte era della regia camera, una parte del conte Arconati e, infine, una piccola parte della principessa di Castiglione (ASTo, Parte seconda Vigevano).
Castello di Cassolnovo: Castello risalente al secolo XIV, restaurato nel 1455 e risistemato dai Gonzaga di Mantova nel secolo XVI. Bibliografia:Lombardia beni culturali 

CASTELLO D'AGOGNA  SITO UFFICIALE  Origini:Nel Medioevo Castel D’Agogna fa parte del comitato di Lomello (Bergamo 1995).

Castello d'Agogna

Nel XIII secolo vi risiedono i Della Torre che poi cedranno le terre ai monaci dell’abbazia di Santa Croce di Mortara (Bergamo 1995).  Il ccmune nel 1360 passerà di pertinenza ai Visconti che ricompreranno i beni, precedentemente confiscati, ai monaci di Mortara. Ma nel 1392 il feudo viene ceduto all’ospedale di Biella e, poi, acquistato dal nobile genovese Antonio Porro, a cui gli seguirono: i Lettoni, i Tarsis e la Regia Camera di Milano.  Castel d’Agogna è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644). Castello d'Agogna: Il castello, situato a quanto pare sul luogo di un'antica postazione militare romana, è di origine certamente assai alta, che può verosimilmente farsi risalire al XII o XIII secolo, sia pure con una notevole serie di modifiche, in varie epoche, che ne hanno profondamente mutato l'aspetto originale.
Appartenne alla nobile famiglia dei Della Torre, per poi passare successivamente nelle mani del monastero di Santa Croce di Mortara. In età moderna fu infeudato ai Tarsis. Funge oggi prevalentemente da abitazione.Bibliografia:
Lombardia beni culturali 

Festa patronale (Natività di Maria Vergine): seconda domenica di settembre

CASTELNOVETTO  SITO UFFICIALE Origini:Il comune faceva parte del contado di Robbio e il suo territorio fu conteso per lungo tempo dal vescovo di Vercelli e quello di Pavia (Bergamo 1995).Torre Piazza della chiesaLa località appare nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250, come “Castrum Novetum” in contea Lumellina (Soriga 1913).
In un diploma di Arrigo VII del 2 aprile 131, Castelnovetto è dichiarato sotto la giurisdizione dei Langosco conti di Lomello e del sacro real palazzo, ed ivi è indicato con il nome: “Turre de Castronovo”. Nel 1355 i diritti del feudo sono confermati al nobile Milano Beccaria da Carlo V, mentre nel 1404 il Marchese di Monferrato ne entra in possesso. Morto Filippo Maria Visconti, Castelnovetto fu occupato dal duca di Savoja fino a che, nel febbraio del 1450 questo paese fu eretto in contado, a favore dei Rasini di Milano, principi del sacro romano impero. Con il trattato del 30 agosto del 1454 torna al potere Francesco Sforza e il feudo sarà dato per investitura a Cicco Simonetta. Per breve tempo sarà anche infeudato al cardinale Giorgio D’Amboise, poi nel 1527 a Filippo Herrera, capitano spagnolo. Nel 1566 il comune partecipa alla congregazione generale del principato di Pavia che si tiene a Pieve del Cairo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono presenti tutte le 20 comunità, compreso Castelnovetto (Porqueddu 1980). Nel 1620 Castelnovetto entra a far parte di una delegazione di ventiquattro enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Castel Novetto è incluso nell’elenco delle terre del Principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).
Torre Piazza della chiesa: Nonostante il nome del paese rimandi a un'origine fortificata, nel territorio comunale restano scarsissime tracce di edifici difensivi medievali. In pratica, solo i resti della torre del castello (probabilmente duecente-sco) che sappiamo esistere un tempo in luogo. Scarsissime le notizie sull'edificio.Bibliografia:Lombardia beni culturali 

Cantacastelnovetto: giugno
Sagra della cozza: agosto
Barattiamo in fiera: ottobre

CERETTO LOMELLINA Origini:Ceretto è menzionato in una carta del 988, nella quale si concedono in enfiteusi diverse terre “quae jacet in loco Cerreto”, appartenenti al Monastero di San Silvestro (dove è situato non è precisato) (Bergamo 1995). Un ramo della famiglia dei conti palatini di Lomello e di Langosco ebbe in feudo il borgo e ne portò il nome.
Nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si trova “Secundum breue de Lomellina, Jn Cerrutus (…)” (Bollea 1909). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come “Cerretum”, in contea Lumellina (Soriga 1913). Negli Statuta Stratarum di Pavia si legge nella Squadra di Lumelina, “Coeretum” (statuta stratarum).
Nel XV secolo risulta feudataria la famiglia Beccaria (Bergamo 1995). Ceretto è incluso nell’elenco delle terre del Principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).Bibliografia:Lombardia beni culturali 

Sagra dla brügna ad San Pédar: giugno

Festa patronale (Sagra dell’anatra): prima domenica di settembre


CERGNAGO 
SITO UFFICIALE Origini:Cergnago è nominato nel 907, durante il regno di Berengario I, in un documento nel quale risulta che l’abate Pietro concedette in enfiteusi alcuni beni “Posita in loco et fundo Cirniaco in Judiciaria Laumellensi”, ed è ancora accennato in altri documenti del 908 e del 1012 (Bergamo 1995).
Nei diplomi di Federico I dell’8 agosto 1164, e di Enrico VI è dichiarato dipendente da Pavia. La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come “Cergnagum”, in Contea Lumellina (Soriga 1913). Nel 1312 con diploma di Arrigo VII si conferma l’appartenenza del comune al feudo di Mortara, che, a sua volta, appartiene a Pavia. Cergnago è incluso nell’elenco delle terre del Principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644). Alla fine del XVII secolo il paese era infeudato agli Olevano e ai Lonati (Bergamo 1995). Palazzo PlezzaPalazzo Plezza: Abbiamo qualche notizia di un castello, forse trecentesco, sorgente in luogo. Ma l'edificio, nel corso del tempo, è stato profondamente rimaneggiato, tanto che oggi non è nemmeno più ricostruibile il suo impianto originario, anche se i muri maestri e l'andamento planimetrico, leggermente in curva, possono forse essere fatti risalire alla costruzione originaria.Bibliografia:Lombardia beni culturali 

 

 

Lumachificio: Il mio Allevamento di Lumache da gastronomia Lumachificio di Chiocciola tecnologica

 

 

 

 

 

Festa patronale di Sant’Elena: agosto

Sagra del risotto e Palio del bove grasso: settembre  

 


CILAVEGNA  SITO UFFICIALE Origini:Castello di CilavegnaIl toponimo come “Cilavinnis” si trova citato in documenti del X secolo; successivamente appare come Cillavegna e Celavegno (Bergamo 1995). Nel diploma di Federico I dell’8 agosto 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta anche Cilavegna; la concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente, nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912). Cellavegna è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come appartenente alla contea Lumellina (Soriga 1913). Nel 1355 alcuni documenti (diplomi di Carlo IV) confermano il possesso di questi luoghi alla famiglia Beccaria, all’ultimo dei quali, Castellino, il duca Filippo Maria Visconti confisca il feudo e lo passa a Francesco di Castelbarco che, a sua volta, lo cede ad Alberico Maletta, discendente dei conti palatini.  Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Cillavenia” (statuta stratarum). Cilavegna, già dai primordi del 1400 aveva per antica consuetudine, un suo proprio ordinamento interno, come si consta dal convocato tenutosi in ottemperanza al decreto del vescovo di Pavia Pietro Grassi del 1416 (Bergamo 1995).  Tre corpi giuridici entrano a far parte del consiglio comunale: “Consilium, Consules, hominum major pars comorntium Cilaveniae” (Rampi 1965). Nel 1483 il feudo passa a Vercellino Visconti e, dopo di lui, a Ludovico il Moro che lo consegna al suo cameriere Giacometto della Tela (1496). Da ora inizia la signoria Antellana (originaria di Voghera e non nobile) che ebbe fortuna breve, poiché il re Luigi XII, vinto Ludovico Sforza, reintegra nei loro diritti quelli che erano stati spodestati, cosicché Vercellino Visconti, nel 1500, riebbe il feudo di Cilavegna Dall’elenco delle imposte fondiarie e personali si può constatare che nel 1543 la popolazione di Cilavegna contava 434 persone esclusi i bambini sotto i sette anni e le donne, nel 1580 invece 929 (Rampi 1965). Nel 1525 dopo la sconfitta francese, a Milano si insediarono nuovamente gli Sforza e i fratelli Antellani divennero ancora i signori del luogo e vi rimasero, fra alterne vicende, fino al 1615, quando, morto l’unico erede maschio, la sorella sposa il conte Cesare Taverna col quale riapre la nuova serie di feudatari che resisteranno fino al XIX secolo. Nel 1530 è eretta Vigevano città e diocesi e, due anni dopo Cilavegna entra nel suo comitato, formando con altri paesi il contado del Vigevanasco. È del 3 novembre 1547 l’elenco dei comuni per i pagamenti dei dazi, in tale elenco appare Cilavegna (ASTo, Carte Vigevano).
Il documento che porta la data del 10 ottobre 1639 avvisa che le terre di Gambolò, Gravellona, Cillavegna, Cassolnovo, Cassolvecchio, Villanova, Nicorvo, Robbio, Confienza, Palestro e Vinzaglio cessano di far parte del territorio Novarese o Pavese ed entrano in quello Vigevanasco, diventando così, terre appartenenti al Contado di Vigevano (ASTo, Carte Vigevano). Il 18 giugno 1644 si censiscono le persone abili alle armi dai 18 ai 50 anni delle terre iscritte nel contado, fra le quali appunto, quelle di Cilavegna (ASTo, Carte Vigevano). Qualche anno dopo, il 5 ottobre 1677, il sindaco generale Renolio avvisa le terre di Gambolò, Robbio, Palestro, Cilavegna di ritrovarsi nella congregazione per nominare tre soggetti per l’elezione di uno dei tre (per il triennio 1678-’80) al governo di questo contado (ASTo, Parte Vigevano). Da un resoconto del 28 maggio 1688, sempre del sindaco generale del contado Renolio, si rilevano i luoghi del contado e i loro feudatari. Per Cilavegna il conte Lorenzo Taverna (ASTo, Parte Vigevano).
Castello di Cilavegna. Bibliografia:Lombardia beni culturali 

Sagra d’asparago (seconda domenica di maggio)
Festa patronale dei ss. Pietro e Paolo (29 giugno)
Festa di Sant’Anna (26 luglio)

CONFIENZA
SITO UFFICIALE Origini:Cerchia fortificata di ConfienzaIn un diploma del 999 di Ottone III, Confienza viene donata al vescovo di Vercelli, togliendola ai signori che lo possedevano e che avevano parteggiato per lo scomunicato Arduino, marchese di Ivrea e pretendente al trono d’Italia. Verrà, poi, dato in feudo ai signori di Robbio (Bergamo 1995). Nel 1198 i consoli di Pavia acquistarono una parte del borgo e del suo territorio. È da questo momento che inizieranno le contese tra Pavia e Vercelli che si protrarranno fino al secolo XV. I citati signori di Robbio fecero donazione del feudo a Vercelli nel 1186, mentre nel 1195 l’imperatore Enrico riconferma loro negli antichi privilegi. Nel 1262 i signori di Robbio e di Palestro vendono al comune di Vercelli ogni giurisdizione, onere e distretto da essi posseduto nel luogo di Confienza e nel suo territorio. In questa promiscuità di donatori sorsero, ancora, tra Pavia e Vercelli replicate contese, arrivando poi ad un compromesso tra le parti e, infine, alla cessione di Confienza, Robbio, Palestro, Rivoltella e Casaleggio, con ogni giurisdizione, al comune di Pavia. La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come “Confienca”, in contea Lumellina (Soriga 1913). Dopo la metà del XIV secolo, il feudo diventa possesso della famiglia Beccaria e Carlo IV, nel 1361 ne confermò tutti i diritti. In un manoscritto del 1383 si legge: “Potestaria Conflentie” (statuta stratarum). Nel 1407 il paese è acquistato dal marchese Teodoro di Monferrato. Nel 1443 la camera ducale lo infeuda al capitano Gaspare Slich, ma nel 1447 Moretto di Sannazzaro occupò Confienza a nome del nuovo conte di Pavia Francesco Sforza. Questo conte, poi duca, darà nel 1464 detto feudo con il suo castello a Fioramonte Graziani (o Graziano) di Cottignola (Ravenna), suo “camerero fedele”. Nel 1470, riportato in un atto, lo Sforza toglie Confienza, castello e terre alla giurisdizione di Pavia, rendendolo luogo libero da ogni podestà. Nel 1494 vi risulta Trotti Battista che lascerà il feudo, alla sua morte, nel 1496, alla moglie. Qualche anno dopo, nel 1499 il maresciallo di Francia, Gian Giacomo Trivulzio, viene nominato marchese di Vigevano, con dominio anche su Confienza. Nel 1515 è ancora signore Trivulzio, al quale, dopo la sua morte, subentrerà il figlio Francesco, fino al 1640 con una pausa, però, nel 1529 durante la quale, per concessione dell’Imperatore Carlo V di Spagna, ai Trivulzio subentra Francesco Sforza che include Confienza nel contado di Vigevano. Confienza giura fedeltà all’Imperatore Carlo V il 5 gennaio 1536 (IASTo, Inventario Bobbiese).È del 3 novembre 1547 l’elenco dei comuni per i pagamenti dei dazi: in tale elenco appare Confienza (ASTo, Carte Vigevano). Nel documento datato 10 ottobre 1639 si avvisa che le terre di Gambolò, Gravellona, Cillavegna, Cassolnovo, Cassolvecchio, Villanova, Nicorvo, Robbio, Confienza, Palestro e Vinzaglio cessano di far parte del territorio Novarese o Pavese ed entrano in quello Vigevanasco, diventando così, terre appartenenti al contado di Vigevano (ASTo, Carte Vigevano). Il 18 giugno 1644 si censiscono le persone abili alle armi dai 18 ai 50 anni delle terre iscritte nel contado di Vigevano fra le quali Confienza (ASTo, Carte Vigevano). Da un resoconto del 28 maggio 1688 del sindaco generale del contado Renolio, si rilevano i luoghi del contado e i loro feudatari. Per Confienza i conti Alberico e Galeotto Belgiosiosi, cugini (ASTo, Parte seconda Vigevano).
Il 12 Maggio 1715 la comunità di Confienza emette un’ordinazione con la quale si elegge il nuovo deputato del contado, il notaio Passaggio (?) (ASTo, Inventario Vigevano).
Cerchia fortificata di Confienza: Molto poco si sa per certo su questa fortificazione, di cui sussistono sul terreno alcune tracce. Non possiamo affermare con certezza nemmeno se si trattava di una cinta fortificata di un borgo murato oppure della cortina di un castello sorgente in luogo. Possiamo comunque, su indizi documentari, attribuirne la costruzione intorno al XIV secolo.Bibliografia:Lombardia beni culturali 

CORANA 
SITO UFFICIALE Origini:Il toponimo si trova citato per la prima volta nell’anno 894 quando l’imperatore Lamberto dona la corte di Corana con annessi poderi colti ed incolti, servi, serve, ecc. alla madre Geltrude. Corana era compresa nella circoscrizione delle contee stabilite da Carlo Magno nell’anno 776 ed apparteneva alla giurisdizione di Tortona. Nel 937 la corte di Corana passa ad Adelaide la quale nel 969 la dona al monastero di San Salvatore di Pavia (ASMi fondo di religione, parte antica, cart.222). Nel 1145 papa Eugenio III con una sua bolla ne confermava la giurisdizione feudale. Altri enti proprietari di parte del territorio di Corana erano il monastero di San Pietro in Ciel d’Oro, la mensa vescovile di Pavia e il monastero di Sant’Agata. Nel 1203 gli uomini di Corana giuravano fedeltà all’abate del monastero di San Salvatore di Pavia, il quale aveva potere di nomina del podestà, giudice di prima istanza; le controversie tra comuni vicini per confini, erano demandate al giudice della città di Pavia. Il comune era amministrato da un sindaco e tre consoli che formavano il consiglio di credenza (Piccinini). Nel 1240 l’abate comandava agli uomini di Corana di difendere tutti i beni, prati e boschi della corte, essendo a ciò tenuti per titolo di fedeltà.  Come Coyrana è inserita nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 (Soriga 1913) Il 27 novembre 1270 veniva sottoscritto l’instrumento di suddivisione di Corana in due amministrazioni autonome: Corana del Comune giurisdizione del monastero di San Salvatore di Pavia e Corana della Mensa giurisdizione della mensa arcivescovile di Milano; il comune si ricompose in unica unità amministrativa nel 1802. ”Corrana” è citata nel comparto delle strade degli “Statuta stratarum” del 1452 come appartenente all’Ultra Padum (Statuta stratarum). Nel 1478 il monastero di San Salvatore concede molti dei beni in feudo alla famiglia Bottigella e nel 1640 ne concede tutti i diritti feudali. Nel 1690 alla morte di Giovanni Bottigella il monastero ritirò il feudo di Corana e Campone. Corana compare nell’elenco delle dichiarazioni del focatico del Principato di Pavia per l’anno 1537 come appartenente alla Congregazione rurale dell’Oltrepò e Siccomario (Focatico Oltrepò e Siccomario, 1537). Corana del Comune nel 1634 è inserita come appartenente all’Oltrepò, nell’elenco delle terre del principato di Pavia censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1634).Bibliografia:Lombardia beni culturali 
CORNALE
 
SITO UFFICIALE Origini:Il toponimo Cornarium è citato nel comparto delle strade degli “Statuta stratarum” del 1452 come appartenente all’Ultra Padum (Statuta stratarum). Nel 1408 Nicolò Beccaria restaurò il castello di Cornale con materiale recuperato dal castello distrutto di Armentaria (Maragliano). Filippo Maria Visconti nel 1431 diede Cornale in feudo a Guido Torello di Carrara. La popolazione di Cornale nel 1610 contava 495 anime (Goggi 1973). Cornale nel 1634 è inserita come appartenente all’Oltrepò, nell’elenco delle terre del principato di Pavia censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1634).
Bibliografia:Lombardia beni culturali 

CORVINO S.QUIRICO
 
SITO UFFICIALE  Origini:Castello di Corvino San QuiricoIl toponimo si trova citato per la prima volta in un documento del 936, Ottone I dona la corte al monastero di San Salvatore di Pavia, insieme a Corana (Goggi 1973). Nel 1319 Corvino fu espugnato dai Visconti (Strafforello), nel 1402 da Beccaria e da Facino Cane (Maragliano), nel 1470 fu smembrato dal feudo di Casteggio ed eretto in feudo con Casatisma ed altri luoghi a favore di Nicolao Arcimboldi il quale a fine secolo lo vendeva alla Camera ducale di Milano (Guasco). Nel 1504 la Camera rivendeva il feudo a Gian Domenico Mezzabarba. Morto Pio Mezzabarba il feudo passò a Emanuele Kuvenhuller che lo tenne fino al 1753 alla consegna al re di Sardegna (ASMi cart. 226, Comuni). Alla metà del sec. XIV aveva un proprio podestà (Vidari). Come Crovino compare nell’elenco delle dichiarazioni del focatico del Principato di Pavia per l’anno 1537 come appartenente alla Congregazione rurale dell’Oltrepò e Siccomario (Focatico Oltrepò e Siccomario, 1537). Nel 1588 la popolazione era di 274 anime, nel 1650 gli abitanti scendevano a 200, nel 1690 aumentavano a 327, nel 1790 si arrivava a 975 e nel 1845 a 1180. Corvino nel 1634 è inserito come appartenente all’Oltrepò, nell’elenco delle terre del principato di Pavia censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1634) Castello di Corvino San Quirico : Bibliografia:Lombardia beni culturali 

COZZO SITO UFFICIALE  Origini:Castello Gallarati-ScottiCozzo, o “Cottiae o Cuttiae”, è citato in itinerari antichi come sede di mansio “De Italia in Gallias a Mediolano Arelate per Cottiae XXII” sono le miglia romane che la separano da Pavia (Strada 1940). Intorno all’anno Mille il luogo fu infeudato ad Aimone (Bergamo 1995). Nel diploma di Federico I dell’8 agosto 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta citato anche Cozzo. Tale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II,rispettivamente, nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1913). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come “Cocium”, in contea Lumellina (Soriga 1913). Nel 1233 i canonici della chiesa vercellese riacquistarono, con la forza Cozzo, usurpato dai conti di Lomello che lo rioccuparono nel 1248 e, ancora conteso, nel 1250 sarà ripreso dai monaci. Nel 1259 dal “Registo delle biade”, risultano confeudatari i Mezzabarba Confalonieri, i De Brayda e i Maleta (Bergamo 1995) Nel 1450 il duca di Milano Francesco Sforza diede licenza ad un Pietro Gallarati di far compera del castello e delle terre di Cozzo. Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Cocium” (statuta stratarum). Nel 1516 Francesco I re di Francia, vinti gli Sforza, confermò al nobile Francesco Gallarati i feudi che già possedeva, così fece nel 1529 Carlo V. Nel 1566 Cozzo partecipa alla congregazione del principato di Pavia a Pieve del Cairo in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono presenti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compreso Cozzo, che hanno diritto di voto (Porqueddu 1980). Nel 1620 Cozzo entra a far parte di una delegazione di ventiquattro enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Cozzo è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644). Castello Gallarati-Scotti:Edificio notissimo della Lomellina, grazie anche alla destinazione, avuta qualche decina d'anni fa, a sede della comunità "Mondo X", risale all' XI secolo, il che ne fa una delle costruzioni fortificate più antiche della zona. Tuttavia è stato poi completamente trasformato, o addirittura ricostruito, in epoca viscontea, più precisamente intorno al 1350. Risale invece quasi certamente all'epoca sforzesca (1467).l'aggiunta, o almeno la sistemazione, del rivellino. Bibliografia:Lombardia beni culturali

Festa d’estate: luglio
Festa patronale (Sagra della porchetta): prima domenica di settembre

DORNO  SITO UFFICIALE Origini:Autogrill Dorno-ponteDorno, o “Durnus, Adurnus o anche Durius,” appare citato in tutti gli itinerari romani prima come mutatio e poi come mansio (Forte 1942).
Nel IX secolo il borgo faceva parte del grande feudo di Lomello, qui vi signoreggiavano i conti palatini, che poi suddivisi in diversi rami, presero il nome del luogo (Bergamo 1995). Nel 1190, in un diploma imperiale di Enrico IV, viene citato signore di Dorno un tal Roberto, sicuramente facente parte dei suddetti conti palatini di Lomello. Nell’elenco del “Registro delle biade” del 1259 risultano tassati a Dorno i seguenti confeudatari: Folperti, Cristiani, Sannazzaro, Tignosi e De Santo (Bergamo 1995). La località è inserita nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come “Durne” nella contea Lumellina (Soriga 1913). Negli Statuta Stratarum del 1383 si legge: “Potestaria Durne”, mentre in quelli del 1452, nella Squadra di Lumelina, “Durne” (statuta stratarum). Filippo Maria Visconti nel 1447 concede a Raffaele Adorno, giureconsulto, il feudo di Dorno. Tale affermazione fa dubitare che il feudo fosse stato concesso ai Beccaria, come citato in alcune fonti.
Francesco Sforza, invece, per avvalersi dell’aiuto militare di Antonio Crivelli gli prometterà numerosi privilegi e, infatti, quando sale al trono dei Visconti gli concede le terre di Dorno e di Lomello. Morto Antonio Crivelli, successero a lui Ugolotto, Gio. Bartolomeo e Gio. Benedetto, i suoi figli, ai quali il duca Galeazzo Maria concede regolare investitura..
Nel 1499 Luigi XII si impadronì del ducato di Milano e, mentre Ludovico il Moro fuggiva a Innsbruck, le case dei Crivelli furono saccheggiate e i loro beni feudali divisi tra i cortigiani del re. Dorno è dato al presidente del Delfinato. Podestà di Dorno, nel 1516, è un certo Giovanni Stefano Stropino (Forte 1942). È del 16 gennaio 1600 lo strumento di procura fatto dai proprietari di estimo liberato nel luogo e nel territorio di Dorno, per l’elezione di un commissario e cancelliere che valutasse la porzione del loro estimo (ASTo, Carte Vigevano 5). Nel 1620 Dorno entra a far parte di una delegazione di ventiquattro enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Dorno è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).
Autogrill Dorno-ponte: Autostrada A7: da Milano verso Genova, km 33 (Fuori dal centro abitato, isolato).  Bibliografia:Lombardia beni culturali
FERRERA ERBOGNONE  SITO UFFICIALE  Origini:In un documento del 999 si trovano citati i nobili Sannazzaro come signori feudatari della chiesa di Ferrera (Bergamo 1995). Nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si legge “Secundum breue de Lomellina, Jn Ferraria (…)” (Bollea 1909). La località è inclusa nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Ferraria, in Contea Lumellina (Soriga 1913).

 

Sagra patronale (San Giovanni Battista): giugno
Sagra d’Ottobre: la terza domenica d’ottobre
Palio dello Spaciapulè: ottobre

 

FRASCAROLO  SITO UFFICIALE Origini:Castello GrandeNel diploma di Federico I dell’8 agosto 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta citato anche Frascarolo. Tale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente, nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come “Frascarolum” nella contea Lumellina (Soriga 1913). Nel 1441 la terra di Frascarolo fu concessa da Filippo Maria Visconti in feudo ad Andrea Birago con successione diretta e trasversale.  Dopo una breve occupazione da parte del duca di Savoia nel 1454, Frascarolo torna al ducato di Milano, mentre nel 1456 Francesco I Sforza rinnova a favore di Giovanni, Pietro, Francesco e Daniele, fratelli Birago (Biraghi), l’investitura e donazione feudale. Dalle carte dell’archivio comunale di Frascarolo nel 1550 si rileva che vi erano due consoli talora chiamati anche sindaci, quello del popolo e quello dei nobili, viene, inoltre, nominato un tale Batista procuratore e sindaco del consilio dei nobili di Frascarolo (Biscaldi 1985). I Gattinara, già infeudati a Valenza e Sartirana, presero i diritti anche su Frascarolo nel 1522. Nel 1566 Frascarolo partecipa alla congregazione del principato di Pavia a Pieve del Cairo in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono presenti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compreso Frascarolo, che hanno diritto di voto (Porqueddu 1980). In una carta dell’archivio parrocchiale si riferisce che, in data 17 giugno 1612 si sono riuniti i consoli e i consiglieri della comunità per iniziare la costruzione della chiesa (Biscaldi 1985). I Bellisomi di Pavia divennero feudatari nel 1614 con titolo di marchesato; saranno gli ultimi feudatari. Nel 1620 Frascarolo entra a far parte di una delegazione di ventiquattro enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini (Zucchi 1904). Frascarolo è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644). Castello Grande: L'edificio risale al XIV secolo (l'epoca d'oro dei castelli di pianura lombardi), molto probabilmente come castello rurale destinato a proteggere una proprietà agricola, i suoi abitanti e le sue produzioni, ma è stato completamente ristrutturato nel 1882 dall'architetto Vandone di Vigevano, con consistenti integrazioni che ne hanno condizionato sia l'impianto sia, e ancora più fortemente, gli aspetti esterni. Ben tenuto dai suoi proprietari, funge da elegante residenza signorile estiva. Le sue forme armoniose ne fanno una delle architetture più note della Lomellina.  Bibliografia:Lombardia beni culturali

Sagra patronale di San Vitale: aprile
Sagra dell'Assunta: agosto


GALLIAVOLA   Origini:Castello di GalliavolaLa località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come S. Laurencius de Campis (?), in Contea Lumellina (Soriga 1913).
Nel XIV secolo il capitano Galeazzo Grumelli, detto Mantoa, fu uno dei proprietari, ma non mantenne a lungo il possedimento poiché, di lì a poco, passò a Manfredo Beccaria, nobile famiglia pavese. Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Galliavola” (statuta statarum). Galliavola, con i Nobili, è inclusa nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644)..
Castello di Galliavola: Del castello, risalente forse al XIV secolo, come la maggior parte delle fortificazioni feudali della zona, restano oggi pochi resti, incorporati nelle murature di un palazzo settecentesco. Si tratta dell'unica edificazione di una certa importanza del piccolissimo comune.
  Bibliografia:Lombardia beni culturali

 

GAMBARANA  SITO UFFICIALE Origini:Castello di GambaranaGambarana e Sparvaro furono i primi feudi ceduti ai Langosco, famiglia di origine palatina, i cui membri erano stati insigniti del titolo di conti da Federico I l’8 agosto del 1164, con diploma imperiale (Bergamo 1995), in tale diploma fra le terre concesse a Pavia, risulta citata Gambarana, concessione che verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912). Nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si trova “Secondum breue de lomellina, Jn Gambairana (…)” (Bollea 1909). Risultano confeudatari del luogo i Giorgi, i Cani e i Catasso, come riporta il Registro delle biade nel 1259.
La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 con il toponimo di “Burgum ipsum per porta Gambarana”nella contea Lumellina (Soriga 1913). Nel 1440 il feudo è concesso da Filippo Maria Visconti a Jacopo De Scrovignis, insieme a Sparvara e Cairo, qualche anno dopo, nel 1470 vengono rinnovate le investiture feudali dei conti di Gambarana, ai quali l’imperatore Massimiliano riconferò i privilegi. Gambarana partecipa alla congregazione del principato di Pavia tenutasi a Pieve del Cairo nel 1566 in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567: sono presenti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compreso Gambarana, che hanno diritto di voto (Porqueddu 1980). Nel 1639 le ragioni feudali dei Gambarana passarono ai Corti e poi ai Rebba. Gambarana, con i Nobili, è inclusa nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).
Castello di Gambarana: Si sa poco o nulla della casaforte che sorge a levante del paese, in posizione decentrata. Basandosi sull'aspetto dei particolari architettonici è stata attribuita, con un certo grado di probabilità, al XVI secolo, cioè già a un'età piuttosto tarda per questo tipo di edificio.  Bibliografia:Lombardia beni culturali
      

Festa patronale (San Rocco): agosto


GAMBOLO'  SITO UFFICIALE Origini:Gambolò è citatato in un atto di Ottone III del 999 e in uno del 1099 come Gambolatum (Bergamo 1995). In una bolla di Papa Innocenzo III del giugno del 1133 appare il toponimo di Campo Lato. Nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico del 1181si trova: “Secundum breue de Lomellina, Jn Ganbolade (…)” (Bollea 1909). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come “Gambolatum” nella contea Lumellina (Soriga 1913). In un manoscritto del 1383 si legge: “Potestaria Gambollati” (statuta stratarum). Nel XIV secolo un ramo della famiglia Beccaria è qui infeudata. Ad Antonio, della stessa famiglia, il duca Filippo Maria Visconti lascia il feudo e il castello, nel 1412 vi aggiunse il titolo di contado ed altri privilegi. Ribellatisi i vigevanesi a Francesco Sforza, con il loro aiuto i milanesi mettevano a fuoco la Lomellina e questa sorte toccò anche alle terre e alla rocca di Gambolò (1449). Quando Gian Giacomo Trivulzio diventa maresciallo di Francia, ed ebbe il marchesato di Vigevano, ottenne il possesso di questo paese (Bergamo 1995). Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Gambolatem” (statuta stratarum). Estintasi con Antonio Beccaria (1475) la linea maschile legittima, il feudo fu devoluto alla regia camera che lo venderà a Francesco Pietrasanta mentre il comune comincia ad occuparsi della manutenzione del castello. Nel 1499 i francesi si impadroniscono del feudo e lo assegnano al ciambellano Robinet de Formielles signore di Vergy. Un anno dopo Ludovico il Moro concede la facoltà a certi suoi fittabili della Sforzesca di esercitare l’ufficio di podestà di Gambolò (a quell’epoca il podestà per legge non doveva essere del luogo) e nel 1501 tale podestà Ardicino Cella viene assassinato.
Nel 1504 entra a far parte del marchesato di Vigevano, di cui seguirà le sorti (Archidata 1990). Nel 1513 il feudo se lo riprende il marchese di Vigevano, allora, cardinal Matteo Schiner, senonché la rivincita francese reintegra titoli e possessi nuovamente al maresciallo Trivulzio. Fortamosi il contado di Vigevano per volere di Francesco II, nel 1532, anche Gambolò ne entra a far parte. È del 3 novembre 1547 l’elenco dei comuni per i pagamenti dei dazi, in cui appare citata tale comunità (ASTo, Carte Vigevano). Subentrati nuovamente gli spagnoli, Gambolò viene posto sotto la tutela della regia camera e il governatore nel 1572 lo mette all’asta aggiudicandolo ad Agostino Litta che, l’anno successivo (il 4 marzo), presta giuramento di fedeltà al re di Spagna, come duca di Milano, per i feudi di Gambolò nel Vigevanasco e Valle nella Lomellina, acquistati, appunto, dalla regia camera. (ASTo, Inventario Vigevanasco n° 45). In un atto che porta la data del 8 dicembre 1573 è citato Giambattista de Carlevari sindaco e procuratore della comunità di Gambolò (ASTo, Carte Vigevano). È del 10 ottobre 1639 il documento nel quale si avvisa che le terre di Gambolò, Gravellona, Cillavegna, Cassolnovo, Cassolvecchio, Villanova, Nicorvo, Robbio, Confienza, Palestro e Vinzaglio cessano di far parte del territorio Novarese o Pavese ed entrano in quello Vigevanasco, diventando così, terre appartenenti al Contado di Vigevano ( ASTo,Carte Vigevano). I fratelli Litta, Agostino e Cesare Alfonso, giurano fedeltà al re di Spagna, il 16 aprile 1640 per Gambolò e Valle (ASTo, Inventario Vigevanasco n° 45). Il 18 giugno 1644 si censiscono le persone abili alle armi dai 18 ai 50 anni delle terre iscritte nel contado di Vigevano fra le quali, appunto, Gambolò (ASTo, Carte Vigevano). Essendo all’epoca della dominazione spagnola gli istituti feudali e municipali in netto declino, nel 1666 un altro marchese Litta, discendente di Agostino, pretenderà, addirittura di eleggere personalmente i consiglieri di questa comunità.
Il 5 ottobre 1677 il sindaco generale Renolio avvisa le terre di Gambolò, Robbio, Palestro, Cilavegna di ritrovarsi nella Congregazione per nominare tre soggetti per l’elezione di uno dei tre (per il triennio 1678-’80) al governo di questo contado (ASTo, Parte seconda Vigevano). Un documento del 28 marzo 1679 riconferma il marchese Litta feudatario della comunità (ASTo, Inventario Vigevano 134 bis). I feudatari del luogo, ancora i Litta, nel 1680 riuscirono ad avere il possesso del castello, perso per qualche tempo. Tale famiglia rimarrà infeudata, nonostante le vicende alterne, fino al XIX secolo. Da un resoconto del 28 maggio 1688 del sindaco generale del contado Renolio, si rilevano i luoghi del contado e i loro feudatari. Per Gambolò sono ancora i Litta nella persona del marchese Campeo (ASTo, Parte seconda Vigevano).
 Bibliografia:Lombardia beni culturali           

GARLASCO 
SITO UFFICIALE Origini:Il Torrione Le prime notizie certe di Garlasco risalgono al 909, in un diploma di Berengario nel quale appare che molti possedimenti di questo luogo sono donati alla chiesa di San Giovanni Domnarum di Pavia, mentre in un diploma successivo, del 981, di Ottone II il paese e il suo territorio sono assegnati al monastero di San Salvatore sempre di Pavia (Mugni 1967). Durante il XIII secolo il feudo dovette subire assedi e devastazioni. Situatisi poi i Langosco riuscirono a mantenerlo fino al 1312 ,quando i milanesi, guidati da Galeazzo Visconti penetrano in Lomellina e saccheggiano diversi paesi fra i quali Garlasco (Re 1961). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come “Garlaschum”, in contea Lumellina (Soriga 1913).
In un manoscritto del 1383 si legge: “Potestaria Garlaschi” (statuta stratarum). Dopo alterne vicende, durante le quali il paese passa dalle mani dei pavesi a quelle dei milanesi, nel 1359 Galeazzo Visconti col fratello Barnabò e Luchino dal Verme, stringendo nuovamente d’assedio Pavia e facendola capitolare, si impossessa anche dei feudi a lei assoggettati, Garlasco incluso. Nel 1432 il paese, sotto istigazione del marchese del Monferrato la comunità si ribella ai Visconti che, per contro, saccheggiano e devastano il suo territorio (Re 1961). Viene infeudato nel 1436 il milanese Guarnerio Castiglioni, ambasciatore ducale visconteo. Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Garlaschum” (statuta stratarum).Nel 1620 Garlasco entra a far parte di una delegazione di ventiquattro enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Garlasco è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).
Nel 1700 Garlasco aveva 2002 abitanti (Re 1961).
Il Torrione: Stando ai documenti storici, nel XIV secolo a Garlasco sarebbe stato innalzato, o ricostruito sul luogo di una precedente fortificazione, un castello il cui perimetro è ancora oggi parzialmente individuabile nella conformazione degli edifici e nell'impianto urbanistico dell'angolo nord occidentale del più antico nucleo abitato. Era uno dei più importanti della Lomellina, per solidità e per dislocazione strategica, tanto da guadagnarsi il titolo di "propugnaculum Papiae".Tuttavia questa struttura fortificata fu smantellata dai francesi ne 1524 e ne rimangono poche tracce. La maggiore di queste testimonianze, e l'unica tuttora identificabile chiaramente, è una torre-porta in muratura di mattoni a vista, che rappresenta la parte più chiaramente individuabile e più significativa del complesso.  Bibliografia:Lombardia beni culturali 
G
RAVELLONA LOMELLINA  SITO UFFICIALE Origini:Torre BarbavaraNotizie del X secolo riportano che a Gravellona padroneggiava il conte Manfredo di Milano, poi la giurisdizione passò sotto il vescovo di Novara in persona del suo vassallo Ingone Vigevano. In un diploma di Ottone si riconfermano i privilegi a Ingone (Bergamo 1995).  La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Gravalona, in contea Lumellin (Soriga 1913). Alla morte di Francesco Visconti, il feudo fu concesso a Marcolino Barbavara nel 1407, il quale lo sostituì nella carica ducale. È del 10 ottobre 1639 il documento nel quale si avvisa che le terre di Gambolò, Gravellona, Cillavegna, Cassolnovo, Cassolvecchio, Villanova, Nicorvo, Robbio, Confienza, Palestro e Vinzaglio cessano di far parte del territorio Novarese o Pavese ed entrano in quello Vigevanasco, diventando così, terre appartenenti al contado di Vigevano (ASTo, Carte Vigevano n° 28). Il 18 giugno 1644 si censiscono le persone abili alle armi dai 18 ai 50 anni delle terre iscritte nel contado di Vigevano, compresa, quindi anche Gravellona (ASTo, Carte Vigevano). Da un resoconto del 28 maggio 1688 del sindaco generale del contado Renolio, si rilevano i luoghi del contado e i loro feudatari. Per Gravellona i signori conti Barbavara (ASTo, Parte seconda Vigevano). Torre Barbavara.  Bibliografia:Lombardia beni culturali 

    Festa dell’arte inizio giugno

    Festa al parco Berlinguer: agosto
    Festa di San Zeno: secondo fine settimana di settembre
          

LANGOSCO 
SITO UFFICIALE Origini:Torre di LangoscoLangosco faceva parte del contado Lomellino ed era sede del giudice di tale contado.
Uno dei primi documenti in cui è citato il toponimo è un diploma di Enrico IV del 1105-1110, nel quale vengono confermati i possessi di questo luogo ai canonici di Vercelli (Bodo 1975). In un diploma di Federico I, 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta citato anche Langosco. In questo diloma Federico riconobbe ai Pavesi il diritto di nominarsi i consoli (Bodo 1975).
Tale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912).
Nel 1166 governano il territorio i Della Torre a nome di Goffredo e Ruffino di Lomello. Poi nel 1191 l’imperatore Enrico IV assegna a Pavia anche questo comune. In una carta del 1184 si trova segnato “Langosco Nuovo”, in sostituzione, forse, del vecchio borgo inghiottito dal Po (Bodo 1975).
Nel 1250 il comune di Pavia procede all’estimo dei terreni dei vari Comuni posti sotto la sua giurisdizione, a scopo fiscale, nei documenti appare citato anche Langoschum (Bodo 1975). La località appare nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 con lo stesso toponimo nel territorio della contea Lumellina (Soriga 1913). Dopo il vano tentativo da parte dei conti di Langosco di trasformare il feudo in signoria, si assisterà ad una ritorsione dei vercellesi e del loro vescovo che, con un esercito, nel 1254 passarono il Sesia e distrussero il paese. Nel 1300 vi sono ancora tentativi di Filippone Langosco, appoggiato dai vescovi, di staccarsi da Pavia, nel 1310 alla discesa in Italia di Enrico o Arrigo IV, Filippone si allea con lui, così da ottenere che Langosco fu eletto a feudo con tutti i diritti e i doveri (Il feudo sarà “camerale”). Dopo aver perso contro i Visconti, il paese passerà a Riccardino, figlio di Filippone, che morirà anch’esso durante un attacco visconteo nel 1315. I Visconti si impadronirono così di Pavia e misero fine anche alla signoria dei Langosco. Nel 1400 il feudo viene confiscato e dato al capitano di ventura Francesco Bussone detto il Carmagnola. Ritornerà ai Langosco solo nel 1467. Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Languscum” (statuta stratarum).
Durante il dominio spagnolo i conti sono confermati nei loro privilegi, ma nel 1652 muore Alessandro Langosco Motta senza figli maschi, per cui il feudo passa alla regia camera. Nella diatriba sorta tra Milano e un Langosco, facente parte della famiglia che pretendeva l’eredità, depone il cancelliere della comunità: Domenico Zambelli che dichiara che è proprio Guido Langosco, il pretendente dell’eredità, a nominare il podestà e il notaio civile e criminale. Il podestà, in quell’anno era Giovanni Cane di Candia; il paese è governato da sei consoli con un cancelliere (Bodo 1975). Nel 1620 Langosco entra a far parte di una delegazione di 24 enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini”. Langosco è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).
Torre di Langosco:Secondo quanto sembra potersi desumere dai documenti storici sul luogo sorgeva, fin dal XII secolo, un castello che sarebbe poi stato cancellato, nel Cinquecento, da una rovinosa alluvione del fiume Sesia, che lasciò in piedi solo questa torre, successivamente trasformata. L'ipotesi sarebbe da verificare con una puntuale indagine sulle murature e sui resti nascosti da costruzioni d'età più recente, ma sembra verosimile.  Bibliografia:Lombardia beni culturali

    Sagra del Buongustaio luglio
    Ferragosto langoschese: agosto
    Festa patronale (San Martino): 11 novembre


LOMELLO  SITO UFFICIALE   Origini:Castello di LomelloA Lomello “Maximum antiquumque castrum” fecero capo i primitivi Levi, dell’insediamento si fa cenno in tutti gli itinerari romani come mansio. “De Italia in Gallias a Mediolano Arelate per Laumellum XXII” miglia romane lo separano da Pavia” (Strada 1940).
Lomello fu capitale della Lomellina fino all’invasione celtica di re Belloveso del VI secolo a. C., da qui in poi gli subentrerà la capitale gallica Cottiae. Nel II secolo d. C. Lomello, annoverato ancora tra le città dei liguri dell’Alta Italia, inizia il suo avviamento a municipio. Il borgo, sia per la posizione vicino al fiume che per l’importante via consolare che l’attraversa diventerà vicus preminente e città fortificata, riaffermandosi nuovamente come capitale della Lomellina sempre, però, dipendente da Pavia. Borgo importante per i romani, lo divenne ancora di più sotto il dominio longobardo che lo scelsero come luogo di villeggiatura. Qui vi risiedeva il “graf” o conte, ed era Lomello capoluogo del “gau”, contado (Bodo 1975).
La sconfitta di re Desiderio nel 774, ultimo re Longobardo, da parte di Carlo Magno, segna per Lomello un nuovo periodo storico, ancora più glorioso, quello dei conti Palatini. Carlo Magno distrusse i ducati e creò i comitati o contee all’interno e le marche ai confini che avevano giurisdizione su diverse contee. Il comitato o contea di Lomello fu creata nell’ 847 e farà parte della potentissima marca d’Ivrea, (divisa dal comitato di Novara, dal Sesia) La suprema dignità dopo il re era quella di conte di palazzo reale, cioè giudice supremo per le cause in appello, ed è proprio questo conte che, andando a dimorare a Lomello, darà inizio alla stirpe dei conti Palatini fregiati della prima dignità del regno, si cita come capostipite tale Manfredo (Dragoni 1948). In un diploma di Federico I del 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta citato anche Lomello. Tale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912). Nel suddetto diploma di Federico I si confermano i conti palatini a Lomello, ma quando tali conti saranno vinti dai pavesi, i vari rami della famiglia formatisi si rifugiano in diversi feudi assumendo il predicato del singolo paese. La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Lomellum nella contea Lumellina (Soriga 1913). Matteo Visconti, in lotta con il conte Filippone Langosco, dopo il XIII secolo, manda a devastare Lomello, il prode Filippone cadrà prigioniero e così il figlio Riccardino e con loro si spegnerà il ramo diretto della famiglia. In un manoscritto del 1383 si legge: “Potestaria Lomelli” (Bollea 1909). Dopo un breve dominio del marchese di Monferrato, 1404, Lomello con la Lomellina passa sotto i Visconti facendo così parte del ducato di Milano (con l’avvento dei Visconti i conti Palatini saranno disfeudati; successivamente gli altri re e imperatori li riconfermeranno nei ruoli e con i loro privilegi). Nel 1450 Francesco Sforza, duca di Milano, concede il feudo ai marchesi Crivelli. Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina “Lomellum”. (statuta stratarum). Nella congregazione generale che si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono presenti tutte le 20 comunità del pavese, compreso Lomello, che hanno diritto di voto (il comune non aveva partecipato alla precedente del 1566 svoltasi a Pieve del Cairo) (Porqueddu 1980). Nel 1620 Lomello entra a far parte di una delegazione di 24 enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Nel 1630 Lomello passa sotto la regia camera. Il comune è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).
Castello di Lomello:Il castello sorge sopra un rilievo del terreno nel centro del paese, con ingresso dalla piazza che ne prende il nome. Presidio fortificato di un'abitato di grande importanza in epoca tardoantica e altomedievale, è probabilmente di origine assai alta, risalente forse al X secolo ma ha subito vari rifacimenti, inizialmente nell'XI secolo, quando i conti palatini dominavano sulla Lomellina e quindi agli inizi del XV, allorché ormai queste terre facevano parte della signoria viscontea. Oggi si compone di due edifici distinti: quello verso ovest, con pianta ad L, che appartiene al castello vero e proprio; e quello verso est, di epoca posteriore.  Bibliografia:Lombardia beni culturali

 
Festa patronale: seconda domenica di maggio
Festa medievale: terzo fine settimana di giugno
Torneo degli armigeri: prima quindicina di ottobre

MEDE 
SITO UFFICIALE  Origini:Castello di TortoroloMede fu mutatio come appare nell’ itinerario romano Gerosolimitano che dista da Pavia X miglia romane (Mangiarotti Casone 1988).
Nel 1157 Federico Barbarossa investe di tale feudo i conti palatini di Lomello (Mangiarotti Casone 1988)
Nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si trova “Secundum breue de Lomellina, Jn Mede (…)” (Pergamene Comunali 1181). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Mede, in contea Lumellina (Soriga 1913). Nel 1305 si menzionano il conte palatino Ruffino da Mede, cui seguiranno Tomaso nel 1312, Rinaldo nel 1397 e Giacomo nel 1400 circa, come feudatari del luogo (Bergamo 1995).  In un manoscritto del 1383 si legge “Locus Medde” (Bollea 1909). Anche negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, il toponimo “Medde” (statuta stratarum). Nel 1466 Francesco Sforza conferma a Bucino e Guglielmo, conti di Mede, la separazione dalla città di Pavia e i privilegi già confermati loro da Filippo Maria. Nel 1620 Mede entra a far parte di una delegazione di 24 enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Il comune è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).
Separatamente risulta anche il toponimo: Nobili di Mede (ibidem). Nel 1647 è signore del luogo Ignazio Gorriani e vi rimarrà fino al 1743, quando gli subentreranno i fratelli Guizzardi (Bergamo 1995).
Castello di Tortorolo:Delizioso edificio trecentesco, posto ai margini del piccolo abitato di Tortorolo, usato come abitazione signorile e assai noto nella provincia di Pavia, della cui architettura castellana è un eccellente, e tuttora ben conservato esempio. L'originario impianto medievale si è mantenuto sino a oggi, nonostante al castello siano state apportate varie modifiche tra Seicento e Settecento (in particolare con l'apertura di varie finestre e il rifacimento del coronamento della torre, sopra l'apparato a sporgere).  Bibliografia:Lombardia beni culturali

 

    Carnevale: febbraio
    12 metri di bontà: aprile
    Riso e rose: maggio
    Festa sull’aia alla frazione Tortorolo: maggio
    Presentazione pubblica dei 18enni: giugno
    Sfilata di moda: giugno
    Sagra della Scottona: giugno
    Notte bianca: luglio
    Festa patronale (“Quarta dumìnca”): agosto
    Palio dla Ciaramèla: settembre
    Festa dla fümm alla frazione Goido: ottobre
    Festa dal cämpè: ottobre
    Festeggiamo il Natale: dicembre
          

MEZZANA BIGLI 
SITO UFFICIALE Origini:L’origine del nome è quello di Mediana Laumellorum cui più tardi, nel secolo XVI, sarà aggiunta la determinazione Biglia o Bigli, cognome dei feudatari del luogo (Forte 1937-38). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Glarea cum Mecana (Gerola con Mezzana), in contea Lumellina (Soriga 1913). Nel 1355 queste terre erano dei Beccaria, passeranno poi al nobile Guido Torelli, ferrarese, nel 1431. Nei secoli seguenti Mezzana Bigli fu sempre una piccola frazione di Gerola, che sotto i Visconti era un importante comune. Nel 1425 Gerola era affidato ad un podestà. Nel 1493 è nominata la Messoria Isolaria divisa in soprana e sottana, ed era di lei signore Giacomo Corti; sia Messoria che Mezzana erano unite a Gerola. Ne 1525, infatti, Gerola con Mezzana, Campalestro e Guazzora furono smembrati dal feudo di Casei che, allora apparteneva ai Marchesi Torelli che lo avevano dato in feudo ad Antonio Biglia (Forte 1937-38).
Nel 1700 Gerola, con Mezzana Bigli aveva le cascine Balossa, Del Mezzo, Del Gerone, Grava, Casoni, Erbatici, Al Mezzano, Dossena, Al Terzo, Alla Colonna, Alla Messora. Ne reggevano le sorti un sindaco e un proconsole.
 Bibliografia:Lombardia beni culturali           

    "A tutta birra" (Mezzana Bigli): luglio
    Sagra patronale di Mezzana Bigli: seconda domenica d’ottobre
    Sagra patronale di Balossa Bigli: terza domenica di ottobre
    “Festa däl capé” a Balossa Bigli: quarta domenica d’ottobre

MORTARA 
SITO UFFICIALE Origini:Cascina Sant'AlbinoBorgo di origine romana, (il suo toponimo, allora era Pulchra Silva) di cui sono ancora evidenti il castro e il decumano, nei secoli X e XI faceva parte del contado o comitato di Lomello, infeudatavi una famiglia longobarda, ne prese il nome. Il comune mantiene la sua autonomia fino all’incorporazione d’imperio a Pavia. In un diploma di Federico I del 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta citata anche Mortara. Tale documento è sottoscritto dai Vescovi di Novara e di Vercelli. La suddetta concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912). Nel 1165 il feudo passa al marchese Guglielmo il Vecchio di Monferrato, cognato di Federico e, successivamente, a Manfredo Beccaria, 1289. La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Mortaria, in contea Lumellina (Soriga 1913). La potenza smisurata di Matteo Visconti, nonostante la lega formatasi nel 1299, gli consente di occupare la città. Il comune, nel XIII secolo, riesce ad ottenere quei privilegi che gli permettono (fino al XVI secolo) di separarsi dalla giurisdizione di Pavia. Nel 1312 i marchesi del Monferrato alleati con i Visconti, ai danni di Pavia, invadono la Lomellina. Mortara era, allora, presidiata dal principe di Acaja. Qualche anno dopo, torna sotto il dominio pavese, in seguito alla resa costretta da Galeazzo II Visconti, così nel 1362 vengono riformati i nuovi statuti della città, (questi documenti spariranno). I Visconti diventano i signori di Mortara nel 1363. In un manoscritto del 1383 si legge: “Potestaria Mortarii” (Manoscritto B); tale podesteria è formata dalle comunità di Parona, Cergnago, Olevano, Ceretto, Castel d’Agogna, Albonese, Sant’Angelo e Cilavegna (queste ultime due si servivano facoltativamente del podestà di Mortara). Nel 1404 Facino Cane patteggia con il comune di Mortara, per poi occiparla nel 1412, data della sua morte; il feudo indipendente da Pavia sarà tenuto dalla vedova Beatrice di Tenda; infine, dopo la morte per impiccagione della stessa, il territorio torna sotto il diretto dominio dei Visconti. In un documento del 12 novembre 1409 sui privilegi concessi dal conte di Biandrate a Mortara , viene concessa la possibilità di fare statuti purché siano approvati dal conte stesso (ASTo, Paesi di nuovo acquisto Mortara). Di tali statuti mortaresi, apparsi per la prima volta nel 1409, si fa cenno nei diplomi successivi dei duchi di Milano e perfino nell’articolo 15 della capitolazione di Mortara del 23 agosto 1658. È possibile che esistessero divisioni amministrative e consuetudini regolate dal consiglio generale, da quello dei sapienti, dai consoli, ecc., ma sono rimaste solo notizie frammentarie. L’esistenza del vicario del podestà e del consiglio dei sapienti, per esempio, emerge da una petizione del comune di Mortara con quello di Pavia, del 12 agosto 1299. Dei 15 capitoli in cui si compone la petizione avanzata dal vicario Mucio Borghesi, proprio nel quindicesimo si chiede che sia redatto uno statuto e un ordinamento. I pavesi approvano tutti i capitoli della petizione e confermano anche i decretti, gli statuti , gli ordinamenti, le provvisioni a favore di Mortara. In seguito tali statuti vengono riformati da Facino Cane, prima e poi nel 1620 riuniti con quelli di altri 24 comuni per formare gli “Statuti Lomellini” (Boffi Pezza 1905). È del 28 febbraio 1447 l’investitura concessa dal duca Giovanni Galeazzo Maria Sforza di Milano a favore di Ludovica Maria Sforza della città di Mortara, della sua giurisdizione e redditi, a lui e ai suoi discenti maschi (ASTo, Inventario Lumellina n°48). Ma, morto Filippo Maria (1447), sorge in Milano la repubblica detta Ambrosiana. Ludovico di Savoja, chiamato dai pavesi che non volevano assoggettarsi a Milano, occupa parte della Lomellina. Nel 1467 Ludovico il Moro vi signoreggiava con il titolo di conte di Mortara. Ancora tra i privilegi concessi alla città si legge in una carta del 5 dicembre 1461 che oltre la conferma mero e misto imperio, l’indipendenza da Pavia e indica come ricadenti sotto la sua giurisdizione i seguenti luoghi: Cergnago, Olevano, Ceretto, Parona. Viene concesso un podestà annuale con un salario di 20 fiorini al mese che viene sindacato al termine dell’incarico. Il podestà è obbligato a tenere due servi per l’ufficio. Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 nella Squadra di Lumelina, appare anche”Mortarium” (statuta stratarum). È del 3 novembre 1547 l’elenco dei comuni per i pagamenti dei dazi, in tale elenco appare Mortara (ASTo, Carte Vigevano). Mortara partecipa alla congregazione del principato di Pavia tenutasi a Pieve del Cairo nel 1566 in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono presenti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compresa Mortara, che hanno diritto di voto (Porqueddu 1980). Nel XVI secolo Mortara è guidata da Gian Giacomo Trivulzio, dopo di lui Obicino Caccia terrà la signoria dal 1506 al 1513, nel 1514, invece, il feudo è nelle mani di Francesco II Sforza. Dopo una pausa di occupazione francese, Mortara viene data a Matteo Beccaria, chiamato marchese di Mortara. Con l’affrancamento degli spagnoli il feudo passerà alla duchessa Cristina di Danimarca. In un diploma dell’imperatore Carlo V, emanato a Bruxelles il 28 settembre 1549, si ricorda che Bona di Savoia e il figlio Gian Galeazzo Maria Sforza avevano accordato piena giurisdizione con poteri di vita e di morte alla comunità di Mortara che era, inoltre, libera ed esente da ogni soggezione nei confronti di Pavia. Questa posizione vantaggiosa farà della città e del suo territorio un dipartimento con il titolo di contea. Dal 1580 al 1613 il marchesato viene devoluto alla regia camera di Milano.
Nel 1614 Filippo II dona borgo, castello e territorio in feudo a Rodrigo Orozsco col titolo di marchese; tale famiglia lo terrà fino al 1706. Il comune è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644). Duboin cita tra gli statuti “Prammatica di Carlo II di Spagna alla Lomellina” del 1671 (Duboin 1827-1854).

Cascina Sant'Albino:Strada Provinciale per Pavia (Fuori dal centro abitato, isolato) - Badia di San Albino  Bibliografia:Lombardia beni culturali

Sagra del Salame d’Oca (Mostra provinciale del palmipede; premio nazionale di poesia Città di Mortara; Palio dell’Oca; sfilata storica in costume medioevale delle sette contrade): ultima domenica di settembre
Festa della frazione Madonna del Campo (Annunciazione): 25 marzo
Festa patronale (Santa Croce): prima domenica e primo lunedì di maggio
Festa rionale di San Pio X: prima settimana di settembre

NICORVO 
SITO UFFICIALE Origini:Palazzo ScevolaNel 960 Berengario II, re d’Italia, ordinava di dare caccia spietata ai lupi che infestavano i territori fra i quali quello di “San Terenzio ad Nemus”, ovvero Nicorvo (nell’Alto Medioevo in molte località la certa denominazione religiosa aveva il sopravvento sull’incerta denominazione civile). In un diploma di Federico I, 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta citato anche Nicorvum (e precisamente ai conti palatini di Lomello che presero poi il nome del feudo). Tale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912).
La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Nicorvium, in contea Lumellina (Soriga 1913).
In un diploma di Carlo IV si confermano i diritti del feudo a tal Filippone, figlio di Guidetto di Nicorvo, concessione fatte anche ai suoi predecessori. Quando Francesco Sforza dichiara Vigevano città e vescovado, nell’ assegnarle gran parte del territorio lomellino erigendola a capo del comitato o distretto (il Vigevanasco), con diploma del 1532, Nicorvo le fu dichiarato dipendente, amministrativamente. È del 10 ottobre 1639 il documento nel quale si avvisa che le terre di Gambolò, Gravellona, Cillavegna, Cassolnovo, Cassolvecchio, Villanova, Nicorvo, Robbio, Confienza, Palestro e Vinzaglio cessano di far parte del territorio Novarese o Pavese ed entrano in quello Vigevanasco, diventando così, terre appartenenti al contado di Vigevano (ASTo, Carte Vigevano n° 28). Nel 1640 divenne proprietà della famiglia milanese Carcano. Il 18 giugno 1644 si censiscono le persone abili alle armi dai 18 ai 50 anni delle terre iscritte nel contado di Vigevano, per cui anche quelle di Nicorvo (ASTo, Carte Vigevano). Da un resoconto del 28 maggio 1688 del sindaco generale del contado Renolio, si rilevano i luoghi del contado e i loro feudatari. Per Nicorvo il signor Giulio Cesare Carcano
Palazzo Scevola:L'edificio è forse da far risalire al XVI secolo. Rientra nella tipologia della casaforte (o della residenza castellata) cinquecentesca, anche se la veste attuale si deve a un restauro effettuato nell'Ottocento che gli ha dato forme romantiche, obliterando buona parte della precedente architettura.  Bibliografia:Lombardia beni culturali
OLEVANO LOMELLINA 

 

 

 

OLEVANO LOMELLINA 

 

 

OLEVANO LOMELLINA 

 

 

OLEVANO LOMELLINA 

 

OLEVANO LOMELLINA 

 

OLEVANO LOMELLINA 

 

 

SITO UFFICIALE Origini:Castello di Olevano di LomellinaIl toponimo appare citato in un diploma di Enrico II del 1014 come Olivolum, in altre carte, documenti piemontesi del 1219 e del 1277, come Oleyvano (Bergamo 1995). In tempi antichi qui esisteva un castello che Federico Barbarossa ordina di riedificare. In questo periodo è infeudata la famiglia Isimbardo. Nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si trova “Secundum breue de Lomellina, Jn Oleuano (…)” (Bollea 1909). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Ollevanum nella contea Lumellina (Soriga 1913). In questo periodo risulta che Olevano e Rivalta formavano un unico comune. Nel 1404 Facino Cane rase al suolo il castello ma, per volere di Filippo Maria Visconti, fu riedificato. Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Ollevanum” (statuta stratarum). L’imperatore Federico III diede nel 1469 una parte del feudo agli Attendoli-Bolognini e da questi passò ai conti Taverna (già signori di Cilavegna). Nel XV secolo vi si trovavano alcuni Beccaria col titolo di signori d’Olevano: “Jo. Antonius Montis et Olevani Dominus”, 1475 (i marchesi Olevano furono i più forti latifondisti medioevali dell’agro mortarese, i loro beni si estendevano in una plaga che comprendeva l’attuale Olevano, Mortara, Ceretto e Cergnago. Essi ebbero stretti vincoli con la vita mortarese figurando Olevano, già dal 1179 nella podesteria o squadra della città.) Olevano partecipa alla congregazione del principato di Pavia tenutasi a Pieve del Cairo nel 1566 in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono presenti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compresa Olevano, che hanno diritto di voto (Porqueddu 1980). Nel 1604 il conte Antonio Beccaria risulta essere il feudatario del luogo (Bergamo 1995).
Il comune è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina.

Palazzo Scevola:Il castello attuale fu fatto innalzare intorno al 1420 su una fortificazione preesistente, eretta da Antonio Olevano. Fu trasformato poi in villa nel 1758. Numerose integrazioni stilistiche vi vennero aggiunte ancora nel 1912.  Bibliografia:Lombardia beni culturali

    “Färciò ad san Giusèp”: marzo
    Festa della PiccolaGrandeItalia: aprile
    “Fai il pieno di cultura”: maggio
    Una serata per l’Uganda: maggio
    Concorso “Salàm püse bón”: maggio
    Festa del pensionato: giugno
    Sagra di San Rocco: agosto
    Festa dei nonni: ottobre
    Tutti in piazza (sagra patronale): ottobre
    Castagnata al museo: novembre
    Aspettando il Natale: dicembre
          


OTTOBIANO 
SITO UFFICIALE Origini:In un documento dell’anno 876 il toponimo appare come “Ocio de Octabiano”, ciò dimostra che Ottobiano esisteva già prima dell’anno Mille (Forte 1942). Qualche tempo dopo, nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si trova scritto, invece,”Secundum breue de Lomellina, Jn Octablano (…)” (Bollea 1909). Nel 1188 Rogero Milliani dona al Monastero di San Salvatore di Pavia i feudi di Gallia e Ottobiano (Bergamo 1995). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Octabianum nella contea Lumellina (Soriga 1913). Nel XV secolo la potentissima famiglia Beccaria ebbe in feudo, tra gli altri, anche quello di Ottobiano, di tal signoria è investito Manfredo (consigliere e governatore del duca di Milano), che lo trasmette al figlio Giovanni, nel 1406.
Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Ottobianum” (Statuta stratarum). Nel 1434 il duca Filippo Maria Visconti concede questo feudo ad Andrea Birago, che lo terrà fino al settembre del 1455, lasciandolo, poi, ad Antonello de’ Rossi da Piacenza. Morto lui, il duca Galeazzo Maria Sforza, nel febbraio del 1467 ne investì Ettore (o Ercole) e Gio. Francesco, figli legittimi del defunto Antonello, i quali prestarono giuramento di fedeltà nel 1470. In questo periodo il territorio di Pavia era diviso a squadre e una di queste era quella di Ottobiano che comprendeva Gallia, Semiana, Goido, Villa Biscossi, Tortorolo e altre piccole località. Nel trapasso del 1467 le terre suddette furono vendute per bisogno di denaro. Nel 1481 i fratelli de’ Rossi, col permesso del duca, vendono il feudo al nobile Giampietro Birago con la conseguente investitura del “castrum et locum Octobiani, comitatus Papie”. L’imperatore Federico III ne riconfermerà i diritti (Bergamo 1995). Nel 1500 Luigi XII conquista il ducato di Milano, togliendolo a Galeazzo Birago, figlio di Giampietro, donandolo al capitano Gerolamo Pecchio, ma essendosi ambedue ribellati a lui, il feudo verrà devoluto alla ducal camera e affidato all’amministrazione di Carlo Atellano (di un ramo dei signori di Cilavegna). Col ritorno degli Sforza a Milano il feudo sarà restituito ai Birago, nelle persone di Francesco e Renato, ma alla morte di Francesco II è investito solo Renato, in quanto gli altri della famiglia risultano essere sostenitori dei francesi. Nel 1540 iniziano le controversie tra la vedova di Francesco Birago, cioè Camilla della famiglia Cusani di Milano, con il figlio Galeazzo, e il cognato Renato.
In seguito Galeazzo fu bandito dallo stato (1555) ma stabilitasi la pace tra la Francia e l’Impero, tregua che durerà cinque anni, i sudditi possono tornare ai loro antichi possedimenti, così Galeazzo rientra in patria ed ottiene il rilascio dei suoi beni. Ma, morto lui, viene presentata denuncia al magistrato nella quale si dice che la porzione di feudo, lasciata dal Birago ai suoi figli, spetta, invece, al regio fisco, perchè il suddetto era stato bandito dallo stato. Ottobiano partecipa alla congregazione del principato di Pavia tenutasi a Pieve del Cairo nel 1566 in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567: sono presenti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compreso Ottobiano, che hanno diritto di voto (Porqueddu 1980). Nel 1600 comincia un’altra controversia feudale durata per oltre 40 anni; appianate le divergenze la nobile famiglia Birago ottiene il feudo ancora per lungo tempo (fino al XVIII secolo circa). Nel 1620 Ottobiano entra a far parte di una delegazione di 24 enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Il comune è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).
In un verbale di una protesta della comunità per l’esezione di carichi, del 1668, firmano i due consoli: Francesco Pusineri e Giacomo Grampa e il cancelliere Gio. Pietro Valligiano (Forte 1942). Bibliografia:Lombardia beni culturali 
 
PALESTRO  
SITO UFFICIALE 
   Origini:Torre di PalestroDopo l’epoca Longobarda e quella Carolingia, verso l’anno Mille, al sorgere dei comitati, Palestro fa parte di quello di Robbio, nella marca d’Ivrea. In questo periodo, 999, risulta barone del contado certo Ugone, al quale poi, per aver parteggiato per il re Arduino d’Ivrea, furono confiscati tutti i beni. Il contado, allora, dipendeva da Vercelli (Bergamo 1995). Enrico II, con diploma del 1014 nel confermare parecchie terre ad un monastero, ne indica una in Palestro che fu di Ottone Besate. Questo casato manterrà i suoi beni in luogo sino dopo la metà del XII secolo. Federico I, imperatore, nel 1078 investiva di questo feudo, Aicardo di Robbio dei conti palatini e nel 1202 lo stesso pose il castello di Robbio sotto la salvaguardia dei vercellesi e sottomise alla milizia della città gli uomini del contado. Il podestà di Milano condanna il comune di Pavia, nel 1205 a restituire Robbio e Palestro, in questi anni viene creato il contado di Robbio e Palestro ne farà parte, insieme a Vinzaglio, Confienza, Langosco, Castronuovo (Castelnovetto), Meleto (scomparso), Turingia (La Torre), Rivabrollum (Rivoltella), Casalellio (Casalino), Ravasino e Albano. Nel 1215 Aicardo conferma a Vercelli i suoi feudi e fra questi Palestro.
Ma nonostante il contado di Robbio fosse stato dichiarato di spettanza del comune di Pavia da Matteo Visconti nel 1302, Palestro rimase soggetto a Vercelli di cui godeva la protezione. Nel 1321 il signore del luogo è un certo Martino che aveva dato la sua unica figlia a Leonardo Visconti, figlio naturale dell’arcivescovo Giovanni Visconti. Succeduta tale famiglia nel ducato milanese, nel 1335 viene concesso ai signori di Palestro l’immunità di ogni onere. Successivamente l’imperatore Carlo IV (1355) conferma il feudo al pavese Milano Beccaria. Nel 1400 risultano ancora infeudati i Beccaria, nonostante una breve pausa nella quale il castello era caduto in mano ai Langosco. Nel 1427 Filippo Maria Visconti fa donazione ad Amedeo di Savoia anche di queste terre. Durante il breve periodo della repubblica Ambrosiana, Palestro fu occupata dalle truppe piemontesi, e così che Ludovico Savoia, il 6 agosto del 1437 investe di tale signoria Vitaliano Borromeo (ASTo, Inventario Vigevano) Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Palestro” (Statuta stratarum).
Nel 1532 Palestro fa parte del contado di Vigevano (il Vigevanasco), ecclesiasticamente, però, ricade ancora sotto Vercelli. Nell’elenco dei comuni per i pagamenti dei dazi, datato 3 novembre 1547, appare Palestro. (ASTo, Carte Vigevano).
Portano la data del 23 dicembre 1580 ordini e provvisioni per la terra di Palestro (Fontana 1907) Il 30 giugno 1609 viene convocato il consiglio ordinario dei dodici della terra di Palestro per eleggere il signor Antonio Ghellero e Defendente Cagnolo come rappresentanti della comunità alla congregazione generale che si terrà a Cilavegna (ASTo, Carte Vigevano).
Nel XVII secolo l’occupazione spagnola e francese mise a ferro e fuoco il borgo. È del 1639, 10 ottobre, il documento nel quale si avvisa che le terre di Gambolò, Gravellona, Cillavegna, Cassolnovo, Cassolvecchio, Villanova, Nicorvo, Robbio, Confienza, Palestro e Vinzaglio cessano di far parte del territorio Novarese o Pavese ed entrano in quello Vigevanasco, diventando così, terre appartenenti al Contado di Vigevano (ASTo, Carte Vigevano n° 28)
Il 18 giugno 1644 si censiscono le persone abili alle armi dai 18 ai 50 anni delle terre iscritte nel contado, per cui anche quelle di Palestro (ASTo, Carte Vigevano) Nel 1646 è riportata una contestazione tra il contado e il podestà di Palestro (ASTo, Inventario Contado Vigevano) Il 5 ottobre 1677 il Signor sindaco generale Renolio avvisa le terre di Gambolò, Robbio, Palestro, Cilavegna di ritrovarsi nella congregazione per nominare tre soggetti per l’elezione di uno dei tre (per il triennio 1678-’80) al governo di questo contado (ASTo, Parte seconda Vigevano)
Da un resoconto del 28 maggio 1688 del sindaco generale del contado Renolio, si rilevano i luoghi del contado e i loro feudatari. Per Palestro il conte Carlo Borromeo (ASTo, Parte seconda Vigevano) Nel 1700 signori del luogo sono i Borromeo

Torre di Palestro:In una traversale di piazza Vadano, a sud del paese, in margine a un terrazzamento naturale del Sesia, s'innalza una solida torre forse collegata all'antico castrum altomedioevale, del quale potrebbero sussistere resti in un edificio contiguo, che presenta ancor oggi una scarpatura assai accentuata. Purtroppo le notizie certe sull'edificio sono quasi nulle. Sulla base di ciò che sappiamo l'edificio potrebbe essere datato intorno al XIV-XV secolo, con vari interventi successivi.  Bibliografia:Lombardia beni culturali

Anniversario della battaglia risorgimentale del 1859: maggio
Festa patronale di San Martino: ultima domenica di giugno

PARONA 
SITO UFFICIALE Origini:Cascina CastelloQuando Carlo Magno conquistò il territorio lomellino, dividendolo in comitati affidati ai conti, il paese già esistente, ma ancora anomimo, dipendeva direttamente dal comitato di Lomello, dopo il 950, invece, dalla marca d’Ivrea (Rampi 1985). Il signore del luogo fu Manfredo di Mosezzo, fino al 958, poi passò a suo fratello Aimone, conte di Vercelli, alla sua morte (988), infine, ne divenne erede suo figlio Manfredo. In un diploma di Federico I, 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta citato anche Parona. Tale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente: nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912). Alla fine del 1200 diviene feudo della famiglia Tornielli, ma dopo la conquista di Novara nel 1357 da parte dei marchesi di Monferrato, i Tornielli, che parteggiavano per i Visconti, furono deportati. La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Payrona nella contea Lumellina (Soriga 1913).
Nel XIV secolo il feudo fa parte della squadra di Mortara (con Cilavegna, Olevano, Cergnago e San Giorgio). Nel 1412 signoreggiano ancora i Tornielli nelle persone di Giovanni e Galvagno. Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Parona” (Statuta stratarum). Il comune è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644). Nel 1651 una parte di questo territorio perviene agli Stampa, e poi agli Archinti (entrambe famiglie milanesi)

Cascina Castello:Vicolo L. Tolstoi (Nel centro abitato, isolato, in posizione dominante) -  Bibliografia:Lombardia beni culturali


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PIEVE ALBIGNOLA 
SITO UFFICIALE     Origini:Nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si trova “Secundum breue de Lomellina, Albignola”, (Bollea 1909). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Plebs Albignole cum S. Honorata, nella contea Lumellina (Soriga 1913). In un manoscritto del 1383 si legge: “Ad stratam que est a portu Dossorum usque ad Plebem Albignole. Podesteria Glareolarum, locus Plebis Albignole” (Statuta stratarum).
Dopo la metà del XV secolo, il feudo viene acquistato dai Malaspina di Alagna, in questo periodo Albignola fa parte della Sub-squadra-Sannazzarii. Nel 1523 Ippolita Fieramonte, vedova del marchese Malaspina, per riacquistare il feudo di Sannazzaro, possieduto dal 1473 dai nobili Fregoso, vende, fra gli altri il feudo di Pieve a Gabriele Paleari (milanese).
Il comune è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644). Nel 1700 viene qui istituito un ufficio di insinuazione, con notaio, da questa data il comune risulterà sottointeso come luogo di “tappa” cui erano aggregati vari comuni limitrofi, detto ufficio sarà abolito nel 1743 quando passeranno tutti nell’unica sede di Mortara. Bibliografia:Lombardia beni culturali  

 

Sagra delle rose: maggio
Sagra della frazione Cascinotto: settembre
Sagra patronale: prima domenica di ottobre

PIEVE DEL CAIRO 
SITO UFFICIALE Origini:Torre del castello di Pieve del CairoL’antica borgata Plebis Cayri Ixolariae, cosiddetta perchè situata quasi in un isola tra il Po e il Sesia, dovette subire numerose e ripetute inondazioni che condizioneranno, inevitabilmente la vita del paese. Il borgo faceva parte del Comitato di Lomello (Bergamo 1995). Uno dei più antichi documenti, conservato nell’archivio parrocchiale, porta la data del 20 maggio 1134, in tale carte si legge di un “ospedale” sito in questo luogo. Nel Medioevo, cioè tra il XII e il XIV secolo questo paese fu per lungo tempo dipendente amministrativamente ed ecclesiasticamente, (si trova infatti nominato nei diplomi imperiali germanici) da Pavia. La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Cayre Vegium (Pieve) e Cayre Iuvene (Cairo) in contea Lumellina (Soriga 1913). In un manoscritto del 1383 si legge: “Ad stratam que est a Cava usque a Gravalonum. Potestaria Sancti Nazarii, Potestaria Burgi, Potestaria Carii, locus Plebis de Cario” (statuta stratarum).
Nel XIV secolo i feudatari del luogo erano i Beccaria, un cui ramo assunse proprio il nome del paese, stipite ne fu Rainaldo, ammogliato con Elisabetta dei Beccaria di Groppello, la quale fu istituita dal padre, nel 1397, erede universale. Successero: Castellino, Manfredo, Rainaldo, Andrea e Manfredino, che ebbe l’investitura di queste terre il 5 novembre 1467, della quale investitura mossero lite, nel 1504, alcuni collaterali discendenti del nominato Andrea. (Nel 1400 il feudo risultava avere 150 case). Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Plebs Caiiri”. (statuta stratarum).
Pieve del Cairo partecipa alla congregazione del principato di Pavia tenutasi proprio in questo comune, nel 1566, in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono presenti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compreso Pieve del Cairo, che hanno diritto di voto (Porqueddu 1980) Nel 1620 Pieve del Cairo entra a far parte di una delegazione di 24 enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini”. (Zucchi 1904) Nel 1590 morì il conte Aureliano Beccaria, senza prole maschile, il quale istituì erede dei suoi beni il collegio dei chierici regolari della congregazione di San Paolo. (nonostante il citato testamento pare che fossero ancora signori del luogo un ramo dei Beccaria, in un atto pubblico del XVII secolo si legge: “Io Rinaldo Beccaria della Pieve del Cairo affermo”). Il comune è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644). Nel XVII secolo il borgo è posseduto dai Guasco di Castelletto, patrizi di Alessandria, che lo abitarono per molto tempo

 

Torre del castello di Pieve del Cairo:Ha muratura portante in mattoni con strutture di suddivisione orizzontale costituite da volta a padiglione per i primi tre piani e da solai in legno a doppia orditura per i piani più alti. La copertura a tetto è costituita da una struttura in legno e da quattro falde con manto di copertura in coppi di laterizio. L'accesso ai primi tre piani avviene da un vano scale contenuto nel corpo di fabbrica adiacente, mentre agli ultimi tre piani si accede tramite una scala in legno a rampa unica.  Bibliografia:Lombardia beni culturali


Giubileo perpetuo: giugno e settembre
Sagra patronale: seconda domenica di settembre

ROBBIO 
SITO UFFICIALE  Origini:Castello di RobbioIl toponimo, Reovium, è citato da Plinio. È certa la sua importanza in epoca romana, Robbio faceva parte della “Cottuda minore” come oppidum (incrocio di grandi vie trafficate) ed era amministrativamente e giuridicamente sotto il municipium di Vercelli.
Nel IX secolo, con Carlo Magno, creata la marca d’Ivrea, con i vari comitati principali, Robbio fu incluso in quello di Lomello.
Nel 795 in documento di papa Leone III si cita il nome di Robbio per quanto riguardano il fisco e i tributi.
Ancora nell’anno Mille il borgo appare soggetto a Vercelli, il vescovo di questa città vi infeuda un signore del ramo degli Ingoni da Besate che prendono il nome del paese. La sua dipendenza da Vercelli è evidente anche dal fatto che in un documento compilato dal comune di Pavia che porta la data del 1181 con l’ elenco dei paesi del proprio territorio che devono pagare il frodo per finanziare la campagna militare del Barbarossa non appare Robbio (Gardinali 1976).
Nel 1178 Federico Barbarossa conferma, con specifico diploma, l’investitura a Aycardo de Redobio e nel feudo erano compresi anche: Confienza, Palestro, Rivoltella, Castronuovo, Ravasino e Albano. Lo stesso privilegio sarà confermato da Enrico VI nel 1195 a tale Guidone da Robbio (secondo Dionisotti nel contado erano compresi anche: Langosco, Meleto, Vinzaglio, Turingia e Casalino, questi ultimi due sono attualmente nel territorio novarese).
Essendo soggetto a rappresaglie e guerricciole, Robbio si lega a Vercelli nel 1202 firmando un patto di alleanza per mutuo soccorso in caso di necessità; i pavesi, saputo ciò, piombano sul paese e occupandolo e saccheggiandolo, costringono la città a restituire le terre.
Intorno al 1215 per pagare il fodro Robbio è costretto a vendere a Vercelli buona parte dei suoi beni.
La prima notizia di parvenza comunale di Robbio è data da un documento del 1254, nel quale una rappresentanza della comunità di questo paese (i sindaci, i consoli e i procuratori riuniti con il nome di “rappresentanti del comune e dei particolari di Robbio” , trattano con il comune di Vercelli per una questione di fodro (imposta sui beni immobili) (Gardinali 1976).
Per tutto il XIII secolo il feudo fu conteso tra Pavia e Vercelli.
La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Redobium, nella Contea Lumellina (Soriga 1913).
Nel 1322 Matteo Visconti si impossessa di Vercelli, sottomettendo anche Robbio.
Negli Statuta Stratarum del 1383 si legge: “Locus Redobii”, (statuta stratarum).
In un diploma dell’Imperatore Venceslao del 1387 a favore del conte Antonio Porro, appare la donazione fattagli dei luoghi di Redobbio, Vinzaglio, Pernasca e la Motta, sotto la diocesi di Vercelli (ASTo, Inventario n° 45).
L’imperatore Venceslao, nel 1396 erigerà il territorio di Pavia a contea, e segnandone opportunamente i confini, Robbio verrà assoggettato a Filippo Maria Visconti, nuovo signore di Pavia.
Dopo il 1400, indipendentemente dalle bellicose intenzioni di Facino Cane, Robbio aveva avviato un discreto commercio con Novara, e nel 1424 la comunità e il comune, con il feudatario prendono accordi per creare una nuova cinta muraria. Ma i Porro, signori del borgo, indebitatisi, sono costretti a vendere il feudo ai fratelli Crotti.
Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Redobium”. (statuta stratarum).
In un decreto ducale dell’Archivio Comunale del 17 maggio 1494 emesso da Pavia, il duca Galeazzo Maria Sforza, in seguito a una supplica della comunità di Robbio per ottenere che nelle controversie col proprio feudatario possono farsi assistere da una persona adatta, manda dal pretore del paese l’ordine di non intromettersi nelle controversie, consentendo però al comune di portare la propria querela davanti a un giureconsulto della città di Novara, poichè risulta essere la più vicina (Gardinali 1976).
Le diatribe tra il feudatario e il comune, non accettando quest’ultimo il pagamento delle tasse e i divieti che il feudatario si arroccava, continuano. Queste liti durernno per molti anni e si risolveranno solo con l’intervento del giureconsulto di Novara e del duca di Milano nel 1470.
Nel 1480 il feudatario di Robbio scriveva al comune di Pavia per dire che non voleva far parte del contado pavese.
Per tutto il XVI secolo si alterneranno occupazioni straniere. I feudatari sono ancora i Crotti.
Nel 1531 anche Robbio entra a fa parte del contado di Vigevano (il Vigevanasco).
È del 3 novembre 1547 l’elenco dei comuni per i pagamenti dei dazi, in tale elenco appare Robbio (ASTo,Carte Vigevano).
Il contado di Vigevano, richiedeva un elenco completo degli estimati del paese, nel 1591, per poi fissare il carico tributario normale o straordinario (Gardinali 1976).
Con il documento datato 10 ottobre 1639 nel quale si avvisa che le terre di Gambolò, Gravellona, Cillavegna, Cassolnovo, Cassolvecchio, Villanova, Nicorvo, Robbio, Confienza, Palestro e Vinzaglio cessano di far parte del territorio Novarese o Pavese ed entrano in quello Vigevanasco, diventando così, terre appartenenti al Contado di Vigevano (ASTo, Carte Vigevano n° 28)
Nel 1643 al conte Crotti, incolpato di tradimento, vengono confiscati i beni che passano alla regia camera, gli saranno poi ridonati, ma, morto nel 1654 senza eredi, il feudo sarà acquistato dall’arciprete Trotti a nome anche del fratello Galeazzo.
Il 18 giugno 1644 si censiscono le persone abili alle armi dai 18 ai 50 anni delle terre iscritte nel contado di Vigevano, per cui anche quelle di Robbio (ASTo, Carte Vigevano)
Il 5 ottobre 1677 il sindaco generale Renolio avvisa le terre di Gambolò, Robbio, Palestro, Cilavegna di ritrovarsi nella congregazione per nominare tre soggetti per l’elezione di uno dei tre (per il triennio 1678-’80) al governo di questo contado (ASTo, Parte seconda Vigevano)
Da un resoconto del 28 maggio 1688 sempre del sindaco generale del contado Renolio, si rilevano i luoghi del contado e i loro feudatari. Per Robbio il monsignor conte Lorenzo Trotti (ASTo, Parte seconda Vigevano)
Nel 1743 i Savoia entrano in possesso anche del Vigevanasco, con Robbio, (già precedentemente, nel 1707, avevano annesso la Lomellina al Piemonte). Intanto il feudo, dopo la morte della marchesa d’ Incisa Paola Maria Trotti Visconti Borromeo, passò in eredità alla figlia esautorata nel 1724. Vi succederanno i Belcredi, i quali vendettero il feudo ad un ramo degli Orsini di Roma

 

Castello di Robbio:Il castello attuale sorse nel Trecento sul luogo di un preesistente fortilizio risalente forse all'XI secolo. La sua struttura medioevale è stata però pesantemente alterata da alcuni restauri stilistici avvenuti a cavallo tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento e che hanno snaturato soprattutto le facciate prospicienti il cortile.  Bibliografia:Lombardia beni culturali

Festa dei nuovi nati: maggio
Primavera robbiese: aprile-giugno
Palio dl'Urmon prima domenica di settembre
Mostra-mercato dei bovini da latte e delle macchine agricole: primo martedì di settembre


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ROSASCO  SITO UFFICIALE 
  Origini:TorreRosascum, Rosarium o Roccasso è già citato in alcune carte del X secolo (Bergamo 1995). Il borgo, nato intorno alla rocca fu dato, da Arduino marchese d’Ivrea e re d’Italia, al vescovo di Pavia nel 1011, che esercitò, alternativamente, giurisdizione sul paese fino alla fine del XVIII secolo. Rosasco era incluso nel comitato di Lomello. Nel 1118 il feudo si ribellò ai Vercellesi e ritornò all’obbedienza di Pavia. In un diploma di Federico I, 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta citato anche Rosasco. Tale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II rispettivamente: nel 1219, 1220 e 1230. (Malagugini 1912). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Roxascum, in Ccntea Lumellina (Soriga 1913). Nel 1355 il feudo è dato, da Carlo IV, a Milano Beccaria, mentre risulta esserne il feudatario, 1375, invece, il vescovo di Pavia Francesco Sottoriva. Negli Statuta Stratarum del 1383 si legge: “Locus Razaschi”, (statuta stratarum). Gli “Statutum Comunis Rozaschi episcopatus papiensis”, sono una serie di statuti concessi dal vescovo Pietro Grassi nel 1416, alla comunità (Fontana 1907). Nel 1452 ai Beccaria successero i Borromei di Milano, nello stesso anno, negli Statuta Stratarum di Pavia si legge nella Squadra di Lumelina, “Rozaschum” (statuta stratarum). Nel 1620 Rosasco entra a far parte di una delegazione di 24 enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini”. (Zucchi 1904) Il comune è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).

Torre.  Bibliografia:Lombardia beni culturali

Festa patronale (San Valentino, prete e martire): 14 febbraio
Fiera di maggio: lunedì successivo alla seconda domenica di maggio
Sagra del Mortorio: seconda domenica di settembre


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

S.GIORGIO LOMELLINA  SITO UFFICIALE    Origini:Nel secolo X ai confini dell’attuale comune esisteva un luogo che si chiamava Monticelli (oggi scomparso), nato intorno ad un monastero dei Benedettini (Forte 1940). Monticelli aveva dipendenti le località di Barboglio, San Pietro, San Lorenzo, San Bernardo e San Giorgio in quest’ultima sorse il castello e, intorno all’anno Mille si agglomerò un vero e proprio paese. In una convenzione del 988 stipulata tra Giovanni abate del monastero di San Silvestro di Nonantola e Giovanni prete dell’ordine della chiesa pavese, il primo concedeva al secondo, tra l’altro, anche i beni situati in “Monticello, in fine Sancti Giorgii”, nel comitato di Lomello (Forte 1939-40). Nell’Elenco del 1181 dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si trova “Secundum breue de Lomellina, Jn Sancto Georgio (…)”, (Bollea 1909). Nel 1290 il feudo è in possesso di Castellino Beccaria. La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come S. Georgius, in contea Lumellina (Soriga 1913). Il feudo dei Beccaria passò in mano di Facino Cane, e precisamente nel 1404. Nel periodo Visconteo-Sforzesco i duchi di Milano (da Filippo Maria Visconti a Ludovico il Moro) ne fecero oggetto di donazioni e vendite ai loro favoriti politici, senza alcun riguardo per gli abitanti del luogo (De Valide, Birago, Maletta, Giovanni Simonetta, Giovanni Bechetto). Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Sanctus Georgius” (statuta stratarum).
In seguito ad una visita pastorale il feudo, nel 1460 contava 150 case (Bergamo 1995). Nel 1467 gli uomini di San Giorgio riuniti “subtus alogiam platee Comunis”, convocati dal sindaco e procuratore della camera ducale, giurano fedeltà al duca Galeazzo Maria Sforza. Nel maggio del 1524 i maestri dell’entrate ordinarie dello stato di Milano, ordinarono a Zaccaria Asaglito (Assalito o Assereto) di prendere possesso del luogo, erano, in quel periodo, consoli di San Giorgio il signor Pietro Maria De Massimo e il signor Agostino Rolandi, e formarvano il consiglio del comune i signori Cuini Forte Erardi, Antonio De Mazinis e Domenico De Carolis (Forte 1939-40). San Giorgio partecipa alla congregazione del principato di Pavia tenutasi a Pieve del Cairo nel 1566 in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono presenti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compreso San Giorgio, che hanno diritto di voto (Porqueddu 1980). I Visconti riebbero il feudo nel XVI secolo e lo tennero fino al 22 aprile 1725 anno in cui fu devoluto alla regia camera per la morte, senza discendenti, del marchese Galeazzo Visconti. Nel 1620 San Giorgio entra a far parte di una delegazione di 24 enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini”. (Zucchi 1904) Il comune è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644). Verso la fine del 1600 San Giorgio assunse importanza essendo creato centro amministrativo zonale, da qui partivano, a nome del governo, gli avvisi dei pagamenti della tasse e gabelle. Bibliografia:Lombardia beni culturali  
Festa patronale (San Giorgio): aprile
Fiera del Drago: aprile

SANNAZZARO DE' BURGONDI 
SITO UFFICIALE Origini:Palazzo Via Castello 18Il toponimo si trova citato nel diploma del 982 di Ottone II che conferma al Monastero di San Salvatore alcuni beni fra i quali quelli di Garlascum e “Cella Sancti Nazarii” (Zucchi 1904). Ancora nel 1014 l’imperatore Enrico riconfermava allo stesso monastero i privilegi e i beni fra i quali, appunto “cellam Sancti Nazarii” (Zucchi 1904). Nel sec. XI San Nazzaro si trova infeudato ad un ramo dei conti Palatini di Lomello. Nel sec. XII, al toponimo, per distinguerlo da San Nazaro del Bosco vicino a Sairano, gli sarà aggiunto il predicato “dÈ Burgondi” (Bergamo 1995). Nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si trova “Secundum breue de Lomellina, Jn Sancto Nazario (…)”, (Bollea 1909). Come “S. Nacarius Burgundiorum” in contea Lumellina è citato nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 (Soriga 1913). Nel 1446 il feudo viene acquistato dalla famiglia Malaspina; la comunità era autonoma ed aveva indipendenza municipale, civile e criminale da Pavia. Il 21 aprile 1352 i nobili di Santo Nazario decisero di riunire tutte le loro forze a mezzo di uno statuto, compilato e ordinato dal nobile Iorio dei Glaroli di San Nazaro giurisperito anziano della casa dei nobili per l’autorità che gli era stata concessa dai signori Ruffino de la Ripa, Assalito di Sannazzaro, Zanone della Pietra, Loeonardo di Unzano, Bertramo di Nazano, Antonio di Giacomo Marazio anziani rettori presidenti precettori generali di tutta la casa dei nobili di Sannazaro e dai signori: Filippo Marazio, Francesco Giacomo Bocazio, Napino e Gasparino Marazio Guardiano di Nazano, Giovannino e Ubertino capo dei Glaroli, sapienti e consiglieri della comunità. Negli statuti si stabilisce che, se due o tre fra i detti anziani mancassero per un motivo gli altri possono comandare come se tutti fossero presenti; che tutti i nobili nella loro villa o castello siano tenuti ad obbedire ai loro anziani rappresentati dai loro sindaci e sapienti, sotto pena ogni volta di lire 10; che detti anziani si occupino delle cause finanziarie ed economiche, che la loro provvisione e ufficio duri un anno e che, due mesi prima del termine, debbano radunare il consiglio dei nobili per eleggere, insieme ai consiglieri, altri otto anziani o confermare i vecchi e a questo siano tenuti con vincolo di giuramento. Inoltre se uno degli anziani per sua audacia o colpa non vorrà attenersi e osservare quello che ha promesso dovrà pagare mille fiorini d’oro che andranno alla comunità e saranno puniti tutti coloro che lo vorranno aiutare. Si stabilì inoltre che se in caso di necessità gli anziani non potessero trovarsi insieme per un affare da ordinare, quelli che possono, anche se sono tre o quattro, devono agire come se si fossero trovati tutti insieme. Infine che nessuno può succedere in nessuna forma né dei diritti degli statuti e consuetudini né nei castelli e ville, cariche consigli e a tutte le giurisdizioni dei detti nobili se non appartiene alla casa o non è discendente da legittimo matrimonio di detta casa. Gli anziani devono nominare un notaio pubblico per le scritture (pagato all’anno 90 fiorini) (Tessadri 1970). Sannazzaro è feudo privilegiato e, ancora nel 1466, come si rileva da uno strumento di vendita che porta la data del 27 settembre, conserva i diritti giurisdizionali, cioè l’indipendenza municipale, civile e criminale da Pavia (Tessadri 1970). In un documento nell’archivio di Stato di Milano si trova la notizia di un ricorso del Comune contro i marchesi Malaspina a causa di un divieto di portare armi, datato agosto 1584 (Tessadri 1970).
Nel XV secolo Giacomina Sannazzaro sposa Giovanni Antonio de’ Burgondi, le due casate si uniscono e da questo momento i due cognomi saranno usati indifferentemente. Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Sanctus Nazarius” (statuta stratarum). Nel 1523 Ippolita Fieramonte acquista dai Fregoso il feudo di Sannazzaro. Solo più tardi il marchese Giulio Cesare Malaspina, figlio di Ottavio, venduto il feudo di Scaldasole si insedia nel luogo e da qui incomincerà la discendenza. San Nazaro de’ Burgondi con Ferrera è incluso nell’elenco delle terre del stato di Milano, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1644).

Via Castello, 18 (Ai margini del centro abitato, isolato).  Bibliografia:Lombardia beni culturali

Carnevale burgundo: ultima domenica di carnevale

Serate musicali a palazzo Pollone: maggio-giugno
Sport in piazza: maggio-giugno
Sagra del riso: terzo fine settimana di giugno
Settembre sannazzarese: rassegna di arte, sport e spettacoli con il clou nella terza domenica di settembre
Stagione teatrale “Una poltrona a teatro”: autunno-inverno
Natale festa e animazione con Babbo Natale per le strade: dicembre

SANT'ANGELO LOMELLINA 
SITO UFFICIALE Origini:Castello di Sant'Angelo LomellinaIl borgo, già esistente nel medioevo, fu governato da un ramo dei conti palatini (Bergamo 1995). Nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si trova “Secundum breue de Lomellina, Jn Sancto Angelo (…)”, (Bollea 1909).
La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come S. Angelus in contea Lumellina (Soriga 1913).
Nel XV secolo appartenne alla famiglia Beccaria in concessione dei Visconti, e poi passerà agli Sforza. Porta la data del 28 gennaio 1450 un manoscritto che conferma i privilegi e le franchigie del paese (Fontana 1907). Nel 1460 la comunità contava circa 100 case (Bergamo 1995). Sant’Angelo partecipa alla congregazione del principato di Pavia tenutasi a Pieve del Cairo nel 1566 in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono presenti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compreso Sant’Angelo, che hanno diritto di voto. (Porqueddu 1980). Nel 1620 Sant’Angelo entra a far parte di una delegazione di 24 enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Il comune è incluso nell’elenco delle terre del principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).
Castello di Sant'Angelo Lomellina: Si tratta di un rudere, probabilmente quanto resta dell'antico castello della località, eretto - come la maggior parte delle fortificazioni della zona - nel corso del Trecento. Ricostruire, da questi resti, impianto e caratteristiche della fortificazione è impossibile. La stessa identificazione dell'edificio attuale con parte dell'antico castello non è del tutto sicura (nonostante la presenza di un toponimo indicativo, tuttora conservato nel nome del vicolo). Tuttavia alcuni indizi (posizione sopraelevata rispetto alla piazza, dimensioni maggiori delle strutture rispetto alla case vicine) lo fanno supporre.  Bibliografia:Lombardia beni culturali

 


SARTIRANA LOMELLINA 
SITO UFFICIALE  Origini:Il nucleo primitivo esisteva già nel X secolo, nel 963, infatti, risulta appartenere al contado di Lomello (Bergamo 1995). Nel secolo XII Sartirana fu sotto la giurisdizione feudale dei conti palatini di Lomello , da quando, tra il 1140 e il 1146 furono costretti a sottomettersi al comune di Pavia, e si dispersero, quindi in vari feudi assumendone il nome. In un diploma di Federico I, 1164, fra le terre concesse a Pavia, risulta citato anche Sartirana. Tale concessione verrà rinnovata da Enrico VI nel 1191, Ottone I nel 1209 e da Federico II nel 1219, 1220 e 1230 (Malagugini 1912). La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Sartirana, in contea Lumellina (Soriga 1913). Nel 1238 un Bottigella vende tutti i suoi beni che possedeva in questo luogo al monastero di San Pietro in Ciel d’oro. Per arrivare alla prima regolare investitura si dovrà giungere al XV secolo quando Filippo Maria Visconti lo donerà al suo condottiero Angelo della Pergola. Francesco I Sforza, occupando queste terre, include Sartirana nel ducato di Milano, e poi lo devolve alla regia camera, dalla quale viene ceduto nel maggio 1452 a Cicco Simonetta. Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Sartirana” (statuta stratarum). Da una relazione di una visita pastorale del 1460 risulta che il paese è formato da circa 100 case (Bergamo 1995). Dopo la morte del Simonetta, arrestato e decapitato, i beni confiscati furono concessi a Ludovico il Moro, zio di Gian Galeazzo Maria Sforza, il quale diventato Duca lo concesse nel 1494 a Bonifacio Guasco di Alessandria. Ne settembre del 1499 Luigi XII concesse l’investitura a Giorgio D’Amboise, che morì nel 1512, il feudo ripasserà alla camera ducale. Nel 1514, in un documento che riporta l’atto di fedeltà degli uomini di Sartirana che prestarono al nuovo feudatario, appare il nome del podestà “Dominus Ottone De Malatis” e quello dei due consoli in carica, in quell’anno, Umberto Cani e Giuseppe Sartori (entrambi preceduti dalla qualifica Magister) (Forte 1942), in seguito Francesco II Sforza concesse il feudo al gran cancelliere spagnolo Mercurino Arborio di Gattinara.
Sartirana partecipa alla congregazione del Principato di Pavia tenutasi a Pieve del Cairo nel 1566 in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono presenti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compreso Sartirana, che hanno diritto di voto (Porqueddu 1980). Nel 1620 Sartirana entra a far parte di una delegazione di 24 enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini”. (Zucchi 1904)
Il comune è incluso nell’elenco delle terre del stato di Milano, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1644). Bibliografia:Lombardia beni culturali

 

Festa patronale (Santa Maria del Carmelo): luglio
Sagra della rana primo fine settimana di settembre
ncerto di Natale per la pace: dicembre


SCALDASOLE  SITO UFFICIALE Origini:Castello di Scaldasole(L’incerta etimologia del luogo fa supporre, da alcuni studiosi, che derivi da sculdasius, ossia giudice, credendo che il paese fosse una “fara” longobarda dipendente da Lomello, sede di una corte giudiziaria) (Forte 1940). l toponimo appare per la prima volta in alcuni documenti del 982, nei quali si trova scritto di un luogo vicino a Vigevano “Ad Schaldasolem” (Forte 1940).
Negli atti dell’antichissimo monastero di San Salvatore di Pavia, 22 aprile 1334, Galvano e Lanfranchino de’ Campeggi investono a titolo di affitto il signor Raynuccino de Fulpertis il “Castrum et Turris de Scaldasole”. La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Scaldasole, in contea Lumellina (Soriga 1913). Nel 1404 il luogo di Scaldasole fu fortificato da Ardengo Folperti, ma è del 1436 la prima regolare investitura al figlio del gran contabile di Spagna don Jnici d’Avalos trasmissibile ai discendenti. Dopo che Filippo Maria Visconti aveva imposto la fine del potere feudale dei d’Avalos, nel 1451 Francesco Sforza restituisce ai figli del Folperti il feudo, il quale Stefano 1456 lo venderà a Francesco dei Pichi della Mirandola. La figlia di Francesco, Taddea, sposò il marchese Giacomo Malaspina (26 ottobre 1461). Solo nel 1577, esattamente il 26 settembre, il feudo si staccherà da Sannazzaro. Scaldasole viene venduta a Rinaldo Tettoni che nel 1582 (21 agosto) lo vendette, a sua volta, al cardinale Tolomo Gallio ( la cui linea si estine nel 1800). Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Scaldasol”(statuta stratarum).
Il primo podestà di Scaldasole di cui si trovi menzione è Giorgio Passelli, probabilmente dell’epoca di Filippo Maria Visconti. A lui seguirono Smiraldo e Blasio (nominato il 19 marzo 1450), gli successero Giovanni Medici (11 gennaio 1453). Giacobbe Luparo (1473) e Pietro Vespucci (1474) (Forte 1940). Nel 1620 Scaldasole entra a far parte di una delegazione di 24 enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Il comune è incluso nell’elenco delle terre del stato di Milano, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1644).
Castello di Scaldasole: È, tipologicamente, una delle presenze d'architettura fortificata più importanti, e più significative, della provincia di Pavia, e forse dell'intera Lombardia. Si tratta infatti di un organismo complesso, costituito da un castello (a sua volta edificato sui resti di un castello precedente, inglobati nella nuova costruzione) e da un ricetto ad esso aggregato: quest'ultima realizzazione, che fa comparire in Lombardia un tipo edilizio pressoché sconosciuto (mentre è frequentissimo nel vicino Piemonte) rende l'insieme unico nel panorama della regione. Le prime presenze fortificate del luogo risalgono forse ai secoli XII-XIII, ad opera dei Folperti. Il loro castello venne però riedificato in epoca viscontea, a cavallo tra Trecento e Quattrocento. Non tutta la precedente fortificazione tuttavia sparì. La poderosa torre maestra venne per esempio inglobata nel cortile del nuovo organismo, per il resto ripetente lo schema di castelli viscontei di pianura: un edificio a pianta quadrangolare, con due torri sporgenti agli angoli. Al castello venne annesso un ricetto, cioè una struttura difensiva rurale, per la salvaguardia delle derrate, del bestiame e dei contadini stessi, che venne a costituire la corte rustica della fortificazione nobiliare. Anche il ricetto è dotato di due torri sporgenti agli angoli ed è munito di torre d'ingresso. Tutto il complesso - castello e ricetto - venne poi cinto da fossato, venendo a costituire un complesso difensivo unitario.  Bibliografia:Lombardia beni culturali 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SEMIANA  SITO UFFICIALE  Origini:Castello di SemianaLa località è citata nell’eelenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Semignana, in contea Lumellina (Soriga 1913).
Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Samignana” (statuta stratarum).
È del 1466 e precisamente del 30 agosto l’atto pubblico in cui Bianca Maria, vedova di Francesco Sforza, vendeva molti luoghi della Lomellina per pagare le soldatesche, e tra questi vi era anche Semiana. Semiana partecipa alla congregazione del Principato di Pavia tenutasi a Pieve del Cairo nel 1566 in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono prese ti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compreso Semiana, che hanno diritto di voto (Porqueddu 1980). Samigna e il toponimo Nobili di Samigna sono inclusi nell’elenco delle terre del stato di Milano, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1644).
Castello di Semiana: Via Castello (Fuori dal centro abitato, isolato)  Bibliografia:Lombardia beni culturali

Festa della Ra(i)na: luglio
Sagra patronale: settembre (prima domenica)

 


SUARDI  SITO UFFICIALE  Festa patronale di San Bartolomeo: agosto

 



 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TORRE BERETTI  SITO UFFICIALE Origini:Pare che nel medioevo si chiamasse solo Torre, a motivo del turrito castello ancora esistente, essendo poi passato sotto il dominio della famiglia Beretta ne prese il nome (Bergamo 1995). Non risulta nell’elenco delineato nel 1219 dell’antica contea Lumellina, probabilmente perchè non era ancora comune, ma solamente proprietà della nobile famiglia di Sartirana, collaterale dei conti palatini di Lomello. Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Turris de Biretis” (statuta stratarum). Nel 1456 il duca Francesco Sforza rinnovò all’investitura del feudo, già fatta da Filippo Maria Visconti a Pietro Francesco e Daniele Birago. Investitura che durò fino al 1522. I Birago furono sostituiti dai Gattinara. Nel 1566 Torre (?) partecipa alla congregazione generale che si tiene a Pieve del Cairo (Porqueddu 1980). Torre Beretti è incluso nell’elenco delle terre del stato di Milano, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1644).Bibliografia:Lombardia beni culturali  Sagra patronale (Sagra dello Spiedino): giugno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TROMELLO  SITO UFFICIALE Origini:Nell’Elenco dei pagamenti di tasse di fodro e di giogatico, si trova “Secundum breue de Lomellina, Jn Tromello (…)”, (Bollea 1909).
La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Tromellum nella contea Lumellina (Soriga 1913). Nel 1300 Trumello era sede di podesteria (Bergamo 1995). In un diploma di Carlo IV del 1335 appaiono infeudati i Beccaria, confermati ancora nel 1355. Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1383 si legge: “Potestaria Tromelli”, (statuta stratarum). Mentre in quelli del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Trumellum” (statuta stratarum). Da una visita pastorale del 1460 risultano nel luogo circa 200 case (Bergamo 1995). Nel 1566 il Comune partecipa alla congragazione del principato di Pavia che si tiene a Pieve del Cairo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono presenti tutte le 20 comunità, compreso Trumello. (Porqueddu 1980). Nel 1620 Trumello entra a far parte di una delegazione di 24 enti che delineano quelli che sono stati definiti “Statuti Lomellini” (Zucchi 1904). Trumello è incluso nell’elenco delle terre del stato di Milano, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1644).Bibliografia:Lombardia beni culturali 

 


VELEZZO LOMELLINA  SITO UFFICIALE  Origini:Castello di VelezzoNegli statuta stratarum di Pavia del 1452 compare, nella Squadra di Lumelina, “Campalestrum”. (statatua stratarum).
Ne 1525 Gerola con Mezzana, Campalestro e Guazzora furono smembrati dal feudo di Casei, che apparteneva ai Marchesi Torelli che, a loro volta, l’avevano concesso ad Antonio Biglia (Forte 1937-38).
Campalestro era incluso nell’elenco delle terre del Principato di Pavia, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone, come appartenente alla Lomellina (Opizzone 1644).



 


 VIGEVANO  SITO UFFICIALE  Origini:Palazzo DucaleNel 930 si istituiscono sia il “Comitatus Novariensis”, comprendente parte della Lomellina, che il “Comitato Bulgariensis” di cui faceva parte Vigevano e il suo territorio (Bergamo 1995). In un atto di permuta del 963 è citato il toponimo “Vicogebun”, nel 1065 Enrico IV toglie al paese ogni vincolo feudale e lo dichiara libero comune. Nel 1157 l’esercito di Milano espugna Vigevano, occupata per conto di Pavia dai marchesi Guglielmo di Monferrato e Opizzone Malaspina (Bergamo 1995). Nel diploma di Federico I dell’8 agosto 1164, Vigevano è fra le terre su cui Pavia godeva dei privilegi, rinnovati da Enrico VI nel 1191 (Malagugini 1911). Sul finire del secolo XII, in documenti di investiture di beni fondiari, Vigevano appariva come borgo della città di Pavia. Federico II rispettivamente negli anni 1219, 1220 e 1230, conferma gli antichi privilegi concessi dai suoi predecessori: nell’elenco delle località che costituiscono il territorio pavese, si trova anche Vigevano (Malagugini 1912).
Il toponimo come “Veglevanum”, si trova citato nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come appartenente alla Lomellina (Soriga 1913). Nel 1220 Vigevano è libero comune soggetto solo all’imperatore, ma le lotte tra le due città lombarde, Pavia e Milano per il possesso di questo borgo continuavano aspramente e nel 1289 Vigevano con tutta la Lomellina diventano possedimenti prima del marchese Guglielmo di Monferrato poi di Manfredino Beccaria. Nel 1302 era podestà di Vigevano Guido della Torre (Bergamo 1995). Enrico VII nel 1311conferma alla città, i privilegi di libero comune.
Nel 1319 Matteo Visconti elegge a podestà di Vigevano il figlio Luchino, mentre nel 1356 Vigevano è occupato nuovamente da Giovanni marchese del Monferrato ed il Vigevanese entra così a far parte del comitato novariense. Solo due anni dopo tornano i Visconti: vi signoreggia Bernabò, poi nel 1381 Gian Galeazzo che dona il feudo alla madre Bianca di Savoia, la quale nel 1383 ordina al comune di procedere al primo censimento della popolazione e dei beni.
Nel 1387 alla morte di Bianca, Vigevano ritorna a Gian Galeazzo Visconti (Colombo 1935), il quale approva, il 4 ottobre 1392 gli statuti e i decreti di Vigevano, che, secondo alcuni studiosi non erano che una riconferma di statuti risalenti al 1225, per altri invece, una revisione dei precedenti (Chittolini 1992). Il manoscritto originale di tali statuti presenta due parti nettamente distinte, la prima è costituita da 290 capitoli, la seconda ne conta 130. Nella prima parte rientrano alcune norme concernenti il diritto penale, nell’altra, invece, sono ordinati cronologicamente i decreti viscontei promulgati rispettivamente da Galeazzo I e Bianca di Savoia, moglie di Galeazzo II, nel periodo compreso tra il 1368 e il 1392. In seguito all’approvazione di Gian Galeazzo Visconti furono inserite alcune clausole solitamente ricorrenti nelle legislazioni municipali dei centri soggetti al dominio visconteo, aventi la funzione di definire l’ampiezza della potestà legislativa dei domini, nonchè i rapporti tra la legislazione signorile e quella locale (Chittolini 1992). La legge dei signori, in qualunque forma fosse manifestata, prevaleva sempre su quella locale, a conferma che il diritto municipale, sancito dagli statuti, non costituiva, per i Visconti, una rinuncia al potere di derogare, con decreti e ordini, alle disposizioni statutarie approvate.
Quando Galeazzo II prese in mano il potere, ottenendo la signoria di tali terre nel 1354, attuò una cospicua opera di revisione degli statuti di alcuni centri, o una modificazione parziale, con alcuni provvedimenti. Vigevano era stato definito, da Matteo Visconti un “castrum” compreso entro i confini della città di Pavia, autonomo e titolare di una propria giurisdizione. In conferma del suo carattere di terra separata, Vigevano fu posta sotto il diretto controllo dei Visconti che inviavano come giudice, sia nel civile che nel penale e come titolare dei poteri di governo un proprio vicario, la quale nomina doveva avvenire alla scadenza del vicario in carica, per iniziativa dei consoli, eletti dal consiglio generale. I consoli, in particolare, avevano la facoltà di sollecitare il signore affinchè riconfermasse il vicario uscente (cap. 194 degli statuti del 1392). Il decreto di Galeazzo II, non datato (ma verosimilmente inseribile nel periodo compreso tra il 1368 e il 1371), mutò tale regime vietando, sotto minaccia dell’inflizione di una pena pecuniaria, che i consoli, o altre autorità locali suggerissero il nominativo di un successore a loro gradito (cap, 294).
Secondo gli statuti, contro le sentenze e i provvedimenti ingiusti del vicario era consentito ai vigevanesi di presentare l’appello al dominus mediolani, qualora il signore avesse riconosciuto la fondatezza del ricorso, l’appellante avrebbe potuto conseguire il rimborso delle spese, (Cap. 22). Tale regime fu modificato da un decreto di Bianca di Savoia, la quale vietò l’appello contro le sentenze criminali e uniformò la legislazione vigevanese a quelle di altre città lombarde. Nell’età comunale, come di consueto, a Vigevano erano costituiti il consiglio generale e il consiglio di credenza che sopravvisse fino al primo periodo della dominazione viscontea. Il consiglio generale aveva una composizione mista: 48 membri erano elettivi e 12 nominati dal podestà, che al tempo della redazione degli statuti era un vicario (cap. 92) La serie dei decreti signorili per Vigevano, aggiunti al testo del 1392, termina con alcuni capitoli non datati, collocati sotto la rubrica “Statua ordinata in successionibus”(Chittolini 1992). Vigevano nel 1409 viene conquistato da Facino Cane che ne resta signore fino al 1412 e che attuò una riforma del consiglio generale che permise alle grandi famiglie di estendere il loro controllo su un numero maggiore di cariche pubbliche (Chittolini 1992). Agli inizi degli anni sessanta del Quattrocento la lotta politica tra personaggi anti sforzeschi e filo sforzeschi fu così aspra da provocare crisi anche a livello amministrativo. Valutato il fatto che fossero state compiute delle irregolarità nelle elezioni dei consigli generali del 1462 e del 1463, nell’agosto dello stesso anno si avviò una riforma che porterà all’elezione di un nuovo consiglio nell’ottobre del 1463, che rimase in carica per quindici mesi. Il vicario generale scrisse a Milano che aveva scelto sedici uomini dei più vecchi, dei più pratici e di miglior coscienza, ai quali aveva demandato di eleggere un nuovo consiglio. Dato che poi era norma che dodici consiglieri fossero eletti dal podestà, lo fece lui stesso. Appena varata la riforma il consiglio generale così eletto mandò degli ambasciatori a Milano perchè chiedessero al duca che la riforma fosse revocata. Non si conosce il testo della riforma, ma attraverso la lettura di altre fonti si possono citarne i criteri ispiratori che furono: in primo luogo si doveva ritornare agli statuti del 1392, quindi non più di tre persone per famiglia potevano essere elette nel consiglio, e, soprattutto, nessun straniero poteva farvi parte (Chittolini 1992). Alla morte, di Facino Cane il borgo passerà per eredità a Beatrice di Tenda, che sposa in seconde nozze, Filippo Maria Visconti. La popolazione nel 1445 è di circa 4300 abitanti. ”Veglevanum” è citato negli “Statuta Stratarum” di Pavia del 1452 inserito nella squadra di Lumelina (statuta stratarum). Galeazzo Maria Sforza, nel 1470, riceve il castello e tutte le città del ducato, che poi, dopo una serie di disordini politici e amministrativi, passerà a Ludovico il Moro nel 1494. Nel 1498 Vigevano è conquistata dai francesi e il re Luigi XII concede al maresciallo Giorgio Trivulzio il titolo di marchese di Vigevano. Nel 1500 la popolazione era di circa 8000 abitanti. Nel 1512 il marchesato di Vigevano passa al cardinal sedunense Matteo Schiner e con la restaurazione francese ritorna alla famiglia Trivulzio. Nel 1530 Francesco II Sforza ottiene da Carlo V di aggiungere Vigevano al ducato di Milano, e crea, nel 1532 il contado detto il Vigevanasco. Con decreto del 25 gennaio 1537 il senato di Milano riduce il consiglio generale di Vigevano a quaranta decurioni; il 3 gennaio 1543 viene mutato lo statuto di Vigevano in seguito alle controversie sorte all’interno della comunità. Filippo III promulgava una serie di decreti che modificavano gli statuti precedenti: con quello del 12 luglio 1566 ordina che nessuno potrà accedere alla carica di console di Vigevano se non si vi aveva abitato per almeno 50 anni; con quello del 6 dicembre 1568 sancisce che non potevano essere eletti consiglieri della città i debitori per causa di esazione; con decreto del 6 ottobre 1606 stabiliva la segretezza del voto del consiglio (Duboin 1827-1854). Sono del 1608 gli statuti civili e criminali della città e contado di Vigevano ottenuti grazie ad una istanza della città stessa (ASTo, Inventario n°45). Nel 1625 il governo spagnolo pone in vendita la città e il suo territorio per 200.000 ducati. Dopo una parentesi di potere sabaudo, il contado ripassa nelle mani degli spagnoli che tentano di rivendere Vigevano, fermati, però, dall’intervento del comune. Il 9 ottobre 1648 la regia camera di Milano vende la città di Vigevano al marchese Cesare Visconti

 VIGEVANO 

Castello di Velezzo: Ancora individuabile con chiarezza in pianta, il castello di Velezzo è "sparito" in alzato, assorbito da un'ampia corte rurale, probabilmente ricavata utilizzando le murature dell'antica fortificazione (che sembra doversi far risalire al XVI secolo).  Bibliografia:Lombardia beni culturali

Palazzo Ducale: Prospetta sul cosiddetto 'piazzone' il maschio di origine medievale, possente struttura formata da tre corpi di fabbrica disposti a U, con torri sulle testate dei bracci, cui nel Quattrocento si accedeva tramite un ponte levatoio che scavalcava il fossato. Nella torre principale del maschio vi è il passaggio alla strada sopraelevata.  Bibliografia:Lombardia beni culturali 


VILLA BISCOSSI SITO UFFICIALE  Origini:Federico II nel 1219 stabilisce il confine territoriale della contea Lomellina, fra le località citate c’è “Villa Piperatum” che tradotto potrebbe essere Villa dei Piperati, una famiglia di confeudatari citati nel 1259 nel registro delle biade (Bergamo 1995). Il paese era già comune nella metà del 1200 ma solo un secolo dopo fu chiamato Villa Biscossi per adozione popolare dal nome della più numerosa e nobile famiglia proprietaria e residente. La località è citata nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Villa piperatorum, in contea Lumellina (Soriga 1913). Nel 1440 il duca Filippo Maria Visconti concedeva il feudo a Jacopo de Scroviglis. Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Villa de Biscossi”(statuta stratarum). Nel 1467, il 30 agosto, la vedova del duca Francesco Sforza lo infeuda a Ondoardo Ruffino Corte, dei conti di Mede. Il luogo passerà, quindi, ai marchesi Bellingeri, ai quali succedettero i Provera e, poi, la famiglia Pallestrini. Villabiscossi è incluso nell’elenco delle terre del stato di Milano, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1644).  Bibliografia:Lombardia beni culturali


ZEME  Origini:
Castello di SemianaLa località è citata nell’eelenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come Semignana, in contea Lumellina (Soriga 1913).
Negli Statuta Stratarum di Pavia del 1452 si legge nella Squadra di Lumelina, “Samignana” (statuta stratarum).
È del 1466 e precisamente del 30 agosto l’atto pubblico in cui Bianca Maria, vedova di Francesco Sforza, vendeva molti luoghi della Lomellina per pagare le soldatesche, e tra questi vi era anche Semiana. Semiana partecipa alla congregazione del Principato di Pavia tenutasi a Pieve del Cairo nel 1566 in cui vengono definiti e distribuiti gli organi del potere esecutivo (Porqueddu 1980). Una nuova congregazione si svolgerà a Pavia tra il 4 e il 6 gennaio 1567, sono prese ti tutte le 20 comunità già precedentemente riunitesi, compreso Semiana, che hanno diritto di voto (Porqueddu 1980). Samigna e il toponimo Nobili di Samigna sono inclusi nell’elenco delle terre del stato di Milano, censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1644).
Castello di Semiana: Via Castello (Fuori dal centro abitato, isolato)  Bibliografia:Lombardia beni culturali

STIAMO ANCORA LAVORANDO QUESTA E' LA BOZZA

 

Chiocciola Tecnologica di Lorini Marco P.I. 02386970186